Minori migranti: Save the Children, drastico calo delle presenze nelle comunità siciliane. Preoccupazione per probabile presenza di minori in Libia e per pochi miglioramenti sull’accoglienza
Da marzo 2009 a febbraio 2010 sono giunti in Sicilia 278 minori non accompagnati (di cui solo 4 identificati a Lampedusa), successivamente collocati in comunità sul territorio siciliano. Nell’anno precedente, da maggio 2008 a febbraio 2009, erano sbarcati sull’ isola di Lampedusa 1.994 minori non accompagnati mentre, nello stesso periodo, erano giunti sulle coste siciliane circa 260 minori (inclusi i minori accompagnati).
Tale drastico cambiamento nei flussi di arrivo via mare è dovuto sostanzialmente alle pratiche adottate dal Governo italiano in materia di contrasto all’immigrazione clandestina e agli accordi stipulati con le Autorità libiche. Nel corso dell’anno, infatti, sono state effettuate 9 operazioni di rinvio di migranti rintracciati in acque internazionali: raffrontando i dati sugli arrivi relativi agli anni 2008 e 2009 appare evidente che, con ogni probabilità sono centinaia i minori rimasti in Libia o che vi sono stati rinviati nel tentativo di raggiungere l’Italia.
Il 50% di loro si allontana dalle comunità dopo il collocamento.
Questi alcuni dei dati che emergono dal 2° Rapporto su L’accoglienza dei minori in arrivo via mare, nel quale confluiscono i risultati dell’attività di monitoraggio condotta da Save the Children1 sulle strutture di accoglienza per minori stranieri non accompagnati del territorio siciliano e di cui si è discusso oggi 9 aprile, alle ore 10:30, a Roma presso la sede dell’organizzazione, nel corso di un incontro tecnico con i rappresentanti delle istituzioni e della società civile.
“È necessario che non vengano più effettuate operazioni di rinvio dei migranti in arrivo via mare, garantendo il rispetto della normativa nazionale, comunitaria e internazionale in materia di divieto di respingimento, rispetto dei diritti umani e tutela delle categorie vulnerabili”, afferma Valerio Neri, Direttore Generale per l’Italia di Save the Children. “I minori che non sono arrivati in Italia non sono un numero, sono ragazzi che fuggono da situazioni di povertà o da situazioni di conflitto o disordine generalizzato fermati a metà del proprio cammino. A questi ragazzi stiamo negando una possibilità, un futuro.”
L’accoglienza in comunità: scarsi miglioramenti dei servizi in rapporto alla riduzione del numero dei ragazzi accolti
Le comunità alloggio siciliane monitorate che attualmente ospitano minori stranieri sono 27, la maggior parte delle quali è situata nei comuni della provincia di Agrigento (15), ma anche nelle province di Catania (5), Palermo (4) e Caltanissetta (3).
“Nonostante si registri un miglioramento nella qualità dei servizi erogati dalle comunità, principalmente legato al minore numero di minori stranieri non accompagnati rispetto all’anno precedente, permangono alcune criticità relative sia alle procedure per l’individuazione del minore e al successivo collocamento in comunità sia alla gestione del sistema di accoglienza”, afferma Valerio Neri.
Dal rapporto di monitoraggio delle comunità siciliane di Save the Children, emerge chiaramente il fatto che le prassi in materia di collocamento dei minori in arrivo via mare, così come quelle relative all’accertamento dell’età siano diverse a seconda della località di sbarco.
Nel corso del 2009, a causa della diminuzione degli arrivi, le comunità hanno accolto, a parte alcune eccezioni, un numero di minori in linea con gli standard previsti per legge (numero non superiore a 10). Gli spazi in cui i minori sono stati ospitati sono risultati pertanto più adeguati, le condizioni di vita quotidiana sono migliorate.
“Nel corso dell’ultimo anno, però, non sono stati attuati interventi strutturali volti alla riorganizzazione del sistema di accoglienza”, continua Valerio Neri. “Paradossalmente il venir meno della situazione di emergenza, ha causato l’accantonamento dei piani di ristrutturazione del sistema di accoglienza avviati nel 2008. Ad esempio, non risulta ancora centralizzato il sistema di collocamento dei minori in comunità e i ragazzi vengono inseriti nelle diverse comunità sulla base di criteri non univoci e soprattutto della disponibilità di posti.”
Ad esempio, Save the Children ha osservato situazioni in cui i minori sono rimasti per circa due anni in strutture sostanzialmente di “prima accoglienza”, non dotate di servizi volti all’effettivo inserimento del minore, sia esso scolastico o lavorativo.
Inoltre, rispetto alla distribuzione di beni di prima necessità non si riscontrano più le carenze precedentemente rilevate, ma emerge ancora la mancanza di alcune figure professionali, come quella del mediatore culturale: solo il 40% delle comunità prevede una qualche forma di mediazione culturale o interpretariato. I minori, inoltre lamentano una scarsa attenzione alla sfera della salute (solo il 27 % riferisce di avere ricevuto visite mediche all’interno o al di fuori della struttura).
Critico, infine, rimane l’aspetto relativo alla possibilità di contattare i familiari nei paesi di origine e alla distribuzione del pocket money, erogato da meno della metà delle comunità monitorate: mancando una minima disponibilità economica, i minori rischiano di essere reclutati nel circuito della manodopera irregolare ed essere esposti allo sfruttamento.
Se da un lato il numero ridotto di minori in comunità ha determinato una riduzione dei tempi necessari per il rilascio del primo permesso di soggiorno e per il riconoscimento dello status di rifugiato, le modifiche normative introdotte dalla legge 94/2009 rischiano di fatto di vanificare il percorso di integrazione del minore, a causa della difficoltà di convertire il permesso di soggiorno al compimento della maggiore età. Oltretutto, su questo aspetto, si rileva una completa disomogeneità di applicazione della legge tra le diverse Questure siciliane, così come avviene a livello nazionale.
Gli allontanamenti dei minori dalle comunità e il rischio di sfruttamento
Nonostante una flessione rispetto a quanto registrato nell’anno precedente, il tasso di allontanamento dei minori dalle comunità continua a rimanere alto e si assesta intorno al 50%, pari a 148 minori sul totale di 278 inseriti nelle comunità.
In generale, il miglioramento delle condizioni di accoglienza ha influito sulla diminuzione degli allontanamenti, ma la percentuale rimane elevata, per ragioni anche collegate al progetto migratorio dei minori e alle loro esigenze individuali. Inoltre, la mancanza di una prospettiva chiara di integrazione (anche causata dalle modifiche introdotte dalla legge 94/20092) e la difficoltà di ricongiungimento con eventuali familiari o affidatari presenti sul territorio sono sicuramente tra le cause di questo allontanamento. Save the Children esprime la propria preoccupazione in merito e sottolinea come al momento dell’allontanamento, i minori si trovino in una condizione di rischio poiché sprovvisti di permesso di soggiorno e quindi maggiormente esposti a situazioni di sfruttamento, soprattutto di tipo lavorativo.
Per garantire adeguata tutela e protezione dei minori sul territorio, Save the Children raccomanda di:
• effettuare una verifica rispetto alle prassi adottate per la gestione degli arrivi via mare, individuando procedure corrette e standardizzate (anche in materia di accertamento dell’età) e garantendo uniformità di implementazione;
• a livello locale, proseguire sul piano della riorganizzazione della gestione dell’accoglienza dei minori sul territorio attraverso l’istituzione di un sistema di monitoraggio efficace degli standard di accoglienza nelle comunità e l’attivazione di un sistema centralizzato per gli inserimenti dei minori basato sulle disponibilità di accoglienza e gli standard offerti;
• a livello nazionale, garantire un maggior coordinamento tra i livelli istituzionali nazionale e locale anche attraverso un piano di accoglienza nazionale che tenga conto del numero di presenze dei minori migranti ma anche del trend di arrivi e goda delle risorse finanziarie necessarie;
• per quanto concerne la conversione dei permessi di soggiorno dei minori stranieri non accompagnati, garantire la possibilità di convertire il permesso di soggiorno ai minori affidati o sottoposti a tutela, che compiranno la maggiore età entro due anni dall’entrata in vigore della norma, senza ulteriori requisiti;
• garantire la possibilità di convertire il permesso di soggiorno ai minori sottoposti ad affidamento familiare (artt. 4 e 9 L. 184/1983);
• di eseguire un’attività di regolare monitoraggio sull’applicazione della normativa in materia di rilascio del permesso di soggiorno ai minori non accompagnati al compimento del diciottesimo anno di età.
NOTE:
1 L’attività di monitoraggio è svolta da Save the Children nell’ambito del Progetto Praesidium IV, in partnership con UNHCR, IOM e Croce Rossa, e con il coordinamento del Ministero dell’Interno. Un team dell’Organizzazione,composto da una consulente legale, un operatore sociale e un mediatore culturale, ha visitato le comunità ove sono stati inseriti i minori stranieri non accompagnati in arrivo da Lampedusa e dalle coste della Sicilia, raccogliendo informazioni sia dagli enti gestori delle strutture che dagli stessi minori accolti, attraverso interviste semi-strutturate.
2 La Legge in esame, infatti, ha re-introdotto i requisiti temporali necessari per la conversione del permesso di soggiorno (tre anni di permanenza in Italia o due anni di partecipazione ad un programma di integrazione, oltre al requisito dell’apertura della tutela o dell’affidamento).
Per ulteriori informazioni:
Ufficio Stampa Save the Children Italia,
Tel. 06.48070071-23,
press@savethechildren.it
Importante: è disponibile un beta con testimonianze di giovani ospitati nelle comunità e di un operatore di Save the Children.
Tale drastico cambiamento nei flussi di arrivo via mare è dovuto sostanzialmente alle pratiche adottate dal Governo italiano in materia di contrasto all’immigrazione clandestina e agli accordi stipulati con le Autorità libiche. Nel corso dell’anno, infatti, sono state effettuate 9 operazioni di rinvio di migranti rintracciati in acque internazionali: raffrontando i dati sugli arrivi relativi agli anni 2008 e 2009 appare evidente che, con ogni probabilità sono centinaia i minori rimasti in Libia o che vi sono stati rinviati nel tentativo di raggiungere l’Italia.
La testimonianza di un operatore di Save the Children:
Se rimane sostanzialmente quasi invariata l’età media (16-17 anni) e il sesso (93% maschi, a fronte di un 7% di femmine) dei ragazzi arrivati e collocati in comunità, è particolarmente interessante rilevare i cambiamenti rispetto alla composizione per nazionalità dei minori: se si considerano gli arrivi da marzo 2009, l’Egitto rimane la nazionalità più rappresentata (27%), seguita da Eritrea (16%), Tunisia (14%), Ghana (9%), Nigeria (5%) e Somalia (7,2%). Tali proporzioni vengono però stravolte se si prende in esame solo il numero di minori arrivati via mare in Sicilia a partire da giugno 2009, a meno di un mese dall’avvio dei rinvii verso la Libia: gli Eritrei rappresentano quasi la metà dei minori in arrivo (48%, contro il 10% dell’anno precedente), mentre il dato relativo ai minori egiziani è sceso drasticamente al 6% 8° (a fronte del 27,9% dell’anno prima), e infine sono pochissimi i minori provenienti dall’area del Maghreb, che costituivano precedentemente il gruppo prevalente tra i minori stranieri in arrivo via mare. Il 50% di loro si allontana dalle comunità dopo il collocamento.
Questi alcuni dei dati che emergono dal 2° Rapporto su L’accoglienza dei minori in arrivo via mare, nel quale confluiscono i risultati dell’attività di monitoraggio condotta da Save the Children1 sulle strutture di accoglienza per minori stranieri non accompagnati del territorio siciliano e di cui si è discusso oggi 9 aprile, alle ore 10:30, a Roma presso la sede dell’organizzazione, nel corso di un incontro tecnico con i rappresentanti delle istituzioni e della società civile.
“È necessario che non vengano più effettuate operazioni di rinvio dei migranti in arrivo via mare, garantendo il rispetto della normativa nazionale, comunitaria e internazionale in materia di divieto di respingimento, rispetto dei diritti umani e tutela delle categorie vulnerabili”, afferma Valerio Neri, Direttore Generale per l’Italia di Save the Children. “I minori che non sono arrivati in Italia non sono un numero, sono ragazzi che fuggono da situazioni di povertà o da situazioni di conflitto o disordine generalizzato fermati a metà del proprio cammino. A questi ragazzi stiamo negando una possibilità, un futuro.”
L’accoglienza in comunità: scarsi miglioramenti dei servizi in rapporto alla riduzione del numero dei ragazzi accolti
Le comunità alloggio siciliane monitorate che attualmente ospitano minori stranieri sono 27, la maggior parte delle quali è situata nei comuni della provincia di Agrigento (15), ma anche nelle province di Catania (5), Palermo (4) e Caltanissetta (3).
“Nonostante si registri un miglioramento nella qualità dei servizi erogati dalle comunità, principalmente legato al minore numero di minori stranieri non accompagnati rispetto all’anno precedente, permangono alcune criticità relative sia alle procedure per l’individuazione del minore e al successivo collocamento in comunità sia alla gestione del sistema di accoglienza”, afferma Valerio Neri.
Dal rapporto di monitoraggio delle comunità siciliane di Save the Children, emerge chiaramente il fatto che le prassi in materia di collocamento dei minori in arrivo via mare, così come quelle relative all’accertamento dell’età siano diverse a seconda della località di sbarco.
Nel corso del 2009, a causa della diminuzione degli arrivi, le comunità hanno accolto, a parte alcune eccezioni, un numero di minori in linea con gli standard previsti per legge (numero non superiore a 10). Gli spazi in cui i minori sono stati ospitati sono risultati pertanto più adeguati, le condizioni di vita quotidiana sono migliorate.
“Nel corso dell’ultimo anno, però, non sono stati attuati interventi strutturali volti alla riorganizzazione del sistema di accoglienza”, continua Valerio Neri. “Paradossalmente il venir meno della situazione di emergenza, ha causato l’accantonamento dei piani di ristrutturazione del sistema di accoglienza avviati nel 2008. Ad esempio, non risulta ancora centralizzato il sistema di collocamento dei minori in comunità e i ragazzi vengono inseriti nelle diverse comunità sulla base di criteri non univoci e soprattutto della disponibilità di posti.”
Ad esempio, Save the Children ha osservato situazioni in cui i minori sono rimasti per circa due anni in strutture sostanzialmente di “prima accoglienza”, non dotate di servizi volti all’effettivo inserimento del minore, sia esso scolastico o lavorativo.
Inoltre, rispetto alla distribuzione di beni di prima necessità non si riscontrano più le carenze precedentemente rilevate, ma emerge ancora la mancanza di alcune figure professionali, come quella del mediatore culturale: solo il 40% delle comunità prevede una qualche forma di mediazione culturale o interpretariato. I minori, inoltre lamentano una scarsa attenzione alla sfera della salute (solo il 27 % riferisce di avere ricevuto visite mediche all’interno o al di fuori della struttura).
Critico, infine, rimane l’aspetto relativo alla possibilità di contattare i familiari nei paesi di origine e alla distribuzione del pocket money, erogato da meno della metà delle comunità monitorate: mancando una minima disponibilità economica, i minori rischiano di essere reclutati nel circuito della manodopera irregolare ed essere esposti allo sfruttamento.
Le testimonianze di alcuni minori in comunità:
Il percorso di regolarizzazione: nomina del tutore, diritto di asilo e permesso di soggiorno Se da un lato il numero ridotto di minori in comunità ha determinato una riduzione dei tempi necessari per il rilascio del primo permesso di soggiorno e per il riconoscimento dello status di rifugiato, le modifiche normative introdotte dalla legge 94/2009 rischiano di fatto di vanificare il percorso di integrazione del minore, a causa della difficoltà di convertire il permesso di soggiorno al compimento della maggiore età. Oltretutto, su questo aspetto, si rileva una completa disomogeneità di applicazione della legge tra le diverse Questure siciliane, così come avviene a livello nazionale.
Gli allontanamenti dei minori dalle comunità e il rischio di sfruttamento
Nonostante una flessione rispetto a quanto registrato nell’anno precedente, il tasso di allontanamento dei minori dalle comunità continua a rimanere alto e si assesta intorno al 50%, pari a 148 minori sul totale di 278 inseriti nelle comunità.
In generale, il miglioramento delle condizioni di accoglienza ha influito sulla diminuzione degli allontanamenti, ma la percentuale rimane elevata, per ragioni anche collegate al progetto migratorio dei minori e alle loro esigenze individuali. Inoltre, la mancanza di una prospettiva chiara di integrazione (anche causata dalle modifiche introdotte dalla legge 94/20092) e la difficoltà di ricongiungimento con eventuali familiari o affidatari presenti sul territorio sono sicuramente tra le cause di questo allontanamento. Save the Children esprime la propria preoccupazione in merito e sottolinea come al momento dell’allontanamento, i minori si trovino in una condizione di rischio poiché sprovvisti di permesso di soggiorno e quindi maggiormente esposti a situazioni di sfruttamento, soprattutto di tipo lavorativo.
Per garantire adeguata tutela e protezione dei minori sul territorio, Save the Children raccomanda di:
• effettuare una verifica rispetto alle prassi adottate per la gestione degli arrivi via mare, individuando procedure corrette e standardizzate (anche in materia di accertamento dell’età) e garantendo uniformità di implementazione;
• a livello locale, proseguire sul piano della riorganizzazione della gestione dell’accoglienza dei minori sul territorio attraverso l’istituzione di un sistema di monitoraggio efficace degli standard di accoglienza nelle comunità e l’attivazione di un sistema centralizzato per gli inserimenti dei minori basato sulle disponibilità di accoglienza e gli standard offerti;
• a livello nazionale, garantire un maggior coordinamento tra i livelli istituzionali nazionale e locale anche attraverso un piano di accoglienza nazionale che tenga conto del numero di presenze dei minori migranti ma anche del trend di arrivi e goda delle risorse finanziarie necessarie;
• per quanto concerne la conversione dei permessi di soggiorno dei minori stranieri non accompagnati, garantire la possibilità di convertire il permesso di soggiorno ai minori affidati o sottoposti a tutela, che compiranno la maggiore età entro due anni dall’entrata in vigore della norma, senza ulteriori requisiti;
• garantire la possibilità di convertire il permesso di soggiorno ai minori sottoposti ad affidamento familiare (artt. 4 e 9 L. 184/1983);
• di eseguire un’attività di regolare monitoraggio sull’applicazione della normativa in materia di rilascio del permesso di soggiorno ai minori non accompagnati al compimento del diciottesimo anno di età.
NOTE:
1 L’attività di monitoraggio è svolta da Save the Children nell’ambito del Progetto Praesidium IV, in partnership con UNHCR, IOM e Croce Rossa, e con il coordinamento del Ministero dell’Interno. Un team dell’Organizzazione,composto da una consulente legale, un operatore sociale e un mediatore culturale, ha visitato le comunità ove sono stati inseriti i minori stranieri non accompagnati in arrivo da Lampedusa e dalle coste della Sicilia, raccogliendo informazioni sia dagli enti gestori delle strutture che dagli stessi minori accolti, attraverso interviste semi-strutturate.
2 La Legge in esame, infatti, ha re-introdotto i requisiti temporali necessari per la conversione del permesso di soggiorno (tre anni di permanenza in Italia o due anni di partecipazione ad un programma di integrazione, oltre al requisito dell’apertura della tutela o dell’affidamento).
Per ulteriori informazioni:
Ufficio Stampa Save the Children Italia,
Tel. 06.48070071-23,
press@savethechildren.it
Importante: è disponibile un beta con testimonianze di giovani ospitati nelle comunità e di un operatore di Save the Children.