Genitori e sensi di colpa: una partita sempre aperta

“Dottoressa, vede, mi vuol punire perché non sto tanto con lui…ma io lavoro!”, “Mia figlia mi fa vedere i sorci verdi, forse è perché non sono una brava mamma?”, “Si comporta così perché l’ho lasciato con la nonna?” Queste sono alcune delle frasi che la Dott.ssa Gina Riccio, psicologa e psicoterapeuta familiare si è spesso sentita rivolgere. La Dott.ssa Riccio, che ci ha supportato con la sua testimonianza, collabora con Arché associazione partner che si occupa di implementare il progetto Fiocchi in Ospedale e membro della Rete ZeroSei.

Nel profondo di questi interrogativi si cela un senso di inadeguatezza e di impreparazione nell’essere genitori, che se da una parte li orienta nella loro responsabilità e sensibilità nei confronti dei rispettivi figli e figlie, dall’altra spesso il sentirsi in colpa non li aiuta a nel loro ruolo educativo, a stabilire limiti e regole, a far osservare la disciplina. Provare un senso di inadeguatezza può far parte del percorso genitoriale e non dobbiamo spaventarci. 

Genitori e sensi di colpa

A differenza delle precedenti generazioni, viviamo in un’epoca storica dove i genitori spesso sono costretti a lavorare entrambi, dove il desiderio di avere un bambino o una bambina è investito da molteplici aspettative, data l’età avanzata e le maggiori competenze, dati i corsi, l’informazione e la maggior conoscenza dei genitori.

A queste, si sommano le sensazioni di fatica nel gestire alcuni legami che ruotano attorno ai figli e figlie, ad esempio figure come quelle dei nonni o dei maestri, che espongono i genitori ad un costante confronto sociale, innescando il senso di colpa. Quindi, in tutte le tappe evolutive dei bambini, i genitori si ritrovano a dover gestire queste emozioni contrastanti, tra il dare limiti e regole ed il placare il loro senso di inadeguatezza.

Il senso di colpa e di inadeguatezza è una problematica che accomuna molti genitori. Tramite le testimonianze di alcuni ospiti e grazie al parere della nostra esperta è possibile trovare vari spunti di riflessione. Ascolta la terza puntata del podcast Save the Genitori:

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ESSERE GENITORI: come gestire le emozioni?

Partiamo dal presupposto che l’essere genitori può essere il mestiere più difficile che ci sia. Non ha manuali di riferimento, non si studia a tavolino sui libri e proprio perché è un’esperienza unica, data l’unicità del genitore stesso e del proprio bambino o della propria bambina, va vissuta strada facendo e compiendo quei piccoli passi possibili che la vita ci chiede di compiere.

Come testimonia la Dott.ssa Gina Riccio: “Molti genitori nei colloqui mi chiedono “starò facendo la scelta giusta?” e da anni mi ritrovo a rispondere con la stessa frase, ovvero che non c’è il giusto e lo sbagliato, ma ciò che è il bene per il/la suo/a bambino/a ed il benessere globale della famiglia”. 

Sappiamo che il senso di colpa ha un preciso scopo evolutivo, ovvero quello di indurci a mantenere buoni rapporti con gli altri. Il senso di colpa sano, infatti, ci induce a riparare ai nostri errori in modo esemplare.  Per metterlo a tacere, i genitori spesso mettono in atto comportamenti “riparatori” cercando di riempire il vuoto dell’assenza, spesso causata dal dover riprendere a lavorare per le mamme o dover stare molte ore fuori casa per il papà. Se il genitore asseconda le richieste insistenti del/la proprio/a bambino/a, con oggetti, giocattoli, cellulare o tablet, non avrà la percezione di aver fatto bene, perché il vuoto non è materiale, ma è affettivo. 

Pertanto è necessario che il genitore rifletta e comprenda che non è la quantità del tempo che si trascorre coi bambini a colmare un possibile vuoto emotivo, ma la qualità di quel tempo, dove il genitore è presente e si relaziona attivamente con il proprio figlio o la propria figlia, giocando insieme, condividendo uno momento e uno spazio produttivo, ascoltando le sue esigenze. Ciò porterà ad alimentare il legame e la propria affettività con quella del/la proprio/a bambino/a. 

Sensi di colpa e società 

Nel confronto sociale, soprattutto quando i bambini vengono inseriti all’interno del contesto scuola o sport, i genitori tendono a mettere a tacere il senso di colpa coprendo o sostituendosi ai propri figli. Frasi del tipo “Signora, il suo bambino è disordinato!”, “Buon giorno, puoi controllare l’astuccio di tuo figlio, sembrerebbe abbia rubato le penne del mio!”, “Mancano i compiti che sono stati scritti sul diario, papà!”, spesso vengono rivolte ai genitori da parte della società e dal contesto quotidiano in cui vivono, mettendo in discussione il loro lavoro educativo e aumentando la loro sensazione di non essere all’altezza. 

Nella società della performance, dove si guarda più alla prestazione e si innesca la competizione e non la cooperazione, i genitori, insieme ai bambini stessi, entrano in un meccanismo di copertura o di sostituzione, tendono naturalmente a proteggere e difendere. Ma questa tendenza non mette a tacere il senso di colpa e di inadeguatezza del genitore, anzi, se da una parte deresponsabilizza il/la bambino/o il/la ragazzo/a, dall’altra il genitore ancora di più si sentirà in difetto.

È risaputo che la relazione in quanto tale e non soltanto quella tra genitori-figli, innesca circolarmente un contrasto di emozioni, che si ascrivono al “positivo”, come essere felice di avere un figlio o fieri di lui/lei; ed al “negativo”, come vergogna o rabbia. Carlo G. Vallés, nel suo libro “Ti amo. Ti odio. Il gioco dei sentimenti nelle relazioni umane”, parla proprio di questa straordinaria molteplicità e varietà che si trova nel mondo interiore di ciascuno di noi. Dissonanze e paradossi, impulsi, tendenze, idee, emozioni, che sembrano lontanissimi gli uni dagli altri e che pure sono costretti ad essere vicinissimi, perché tutti albergano in un solo individuo.  Di fronte al lato negativo del rapporto amore-odio bisogna assumere un atteggiamento di accettazione delle nostre fragilità, poiché si tratta di qualcosa di molto normale e spontaneo senza nessun colpevole.

Se i sentimenti di colpa e di inadeguatezza vengono minimizzati, ignorati o repressi a forza, danneggiano innanzitutto il rapporto genitori-figli. Al contrario se vengono riconosciuti, accettati ed espressi con dignità, curano le ferite ed intensificano il rapporto. Come ci indica la Dott.ssa Gina Riccio: “Il dono più grande che un genitore possa farsi è quello di essere “sufficientemente buono”, ovvero un genitore spontaneo, autentico e vero che con, ed utilizzo a proposito con e non nonostante, ansie e preoccupazioni, stanchezza, scoramenti e sensi di colpa emerge come figura in grado di trasmettere sicurezza ed amore.”


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