Le equilibriste: la maternità in Italia nel 2022

Alla vigilia della Festa della mamma, è stato diffuso il 7° rapporto con i dati riguardanti la situazione della maternità nel nostro Paese. Il titolo del report Le Equilibriste. La maternità in Italia nel 2022, rispecchia perfettamente la situazione in cui si trovano molte donne, madri, lavoratrici di tutta Italia, costantemente in cerca di equilibrio per conciliare la vita professionale e le esigenze di cura dei figli.

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Maternità è sinonimo di precarietà?

Molto critico lo scenario che emerge dai dati raccolti all'interno della ricerca. 

Innanzitutto le percentuali relative all’occupazione. Ben il 42,6% delle mamme tra i 25 e i 54 anni non è occupata, con un divario rispetto ai loro compagni di più di 30 punti percentuali. Oppure, laddove il lavoro sia stato conservato, spesso si trasforma in un contratto part-time, per il 39,2% di donne con 2 o più figli minori. Nel primo semestre 2021, solo poco più di 1 contratto a tempo indeterminato su 10, è a favore delle donne.

Basti pensare che nel 2020 sono state più di 30mila le donne con figli che hanno rassegnato le dimissioni, spesso per motivi familiari o perché non supportate da servizi sul territorio, carenti e troppo costosi, come gli asili nido. Dovendo fare i conti anche con servizi sul territorio sempre più carenti, il risultato che si ottiene è un quadro critico del contesto italiano, che vede diminuire il tasso di natalità. Infatti, i nuovi nati sono al di sotto della soglia dei 400mila, in diminuzione dell’1,3% sul 2020 e di quasi il 31% rispetto al 2008.  

“Le riforme in atto, come il Family Act o la legge sulla parità salariale, sono passi avanti, ma occorre completare il quadro con investimenti consistenti: dal sostegno al reddito, alle politiche fiscali, all’offerta di un’infrastruttura di servizi, alla qualità del sistema scolastico, alle misure di conciliazione, tutto influisce sul benessere del nucleo familiare e anche sul tasso di fertilità che sta segnando picchi drammatici ormai in Italia.” ha sottolineato Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children.

Un video e 4 testimonianze di donne con figli

In questo video abbiamo raccolto le testimonianze di quattro donne con figli in un difficile equilibrio tra la conciliazione dei carichi familiari e la via lavorativa.


Gender Gap

Continua ad essere sempre più larga la forbice tra i redditi delle donne e degli uomini, tanto che ormai questa condizione viene definita “motherhood penalty” o “child penalty gap”, e fa riferimento alle penalizzazioni che la maternità provoca a livello lavorativo, sociale ed ideologico. Le donne, quindi, a differenza degli uomini, sono ancora in notevole svantaggio quando, nei loro orizzonti di vita prende corpo la decisone di avere un figlio. E questo avviene non solo sul versante occupazionale, ma anche su quello retributivo.

Altro dato importante sottolineato nel Rapporto “Le Equilibriste”, è che il tasso occupazionale tra uomini e donne subisce un ulteriore divario e cambia notevolmente a seconda delle aree del Paese, arrivando a sfiorare il picco del 62,6% nel Mezzogiorno, seguito dal 35,8% al Centro e da un 29,8% al Nord. Inoltre, mentre l’occupazione dei padri tende a crescere all’aumentare del numero di figli minorenni presenti nel nucleo, per contro, quello delle madri tende a diminuire. A fronte del 61% di madri con un figlio minorenne occupate (3 donne su 5), gli uomini nella stessa condizione che hanno un lavoro sono l’88,6%. Il divario aumenta quando, entrambi i generi hanno due o più figli minorenni, con un totale di donne occupate del 54,5% a fronte dell’89,1% degli uomini. 


La pandemia come acceleratore di disuguaglianze

Nonostante nel nostro paese ci sia stata una leggera ripresa economica, in essa non sono state incluse le donne. Dai dati risulta che delle 267.775 trasformazioni contrattuali a tempo indeterminato del primo semestre 2021, solo il 38% riguarda donne. A seguire, si notano valori in discesa riguardo il lavoro stagionale con 17,7%, la somministrazione, 15,3% e, solo per ultimo, l’indeterminato con un bassissimo 14,5%. Per contro, degli oltre 2 milioni di contratti attivati per gli uomini, quasi la metà, cioè il 44,4% è a tempo determinato, subito seguito dall’indeterminato con il 18%. Tra tutti questi numeri e dati, la costante è l’ingiustizia di genere

Inoltre, la recessione dovuta alla pandemia Covid-19, ha avuto conseguenze maggiori sulle attività lavorative delle donne rispetto agli uomini, accelerando ancora di più un gap di genere sotto il punto di vista economico, sociale ed educativo. “In Italia le donne, e le mamme in particolare, hanno pagato un prezzo altissimo. La recessione conseguente alla pandemia è stata giustamente definita una “shecession”, i dati ci dimostrano che è ancor di più una “momcession”. Anche la ripresa dell’occupazione del 2021 è connotata in larga parte dalla precarietà delle donne e delle mamme nel mondo del lavoro. Servono misure efficaci, organiche e ben mirate che consentano di bilanciare le esigenze dell’essere madri e quelle dell’accesso e della permanenza nel mondo del lavoro” ha commentato Antonella Inverno, Responsabile Politiche per l’infanzia di Save the Children.  


La parità di genere è strettamente legata alla giustizia sociale e rappresenta uno degli Obiettivi cardine dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile. Per centrare questo traguardo, occorre incentivare e sviluppare politiche coerenti per il raggiungimento dell’uguaglianza di genere, a livello locale e globale. Lo scenario descritto dal rapporto ci porta a riflettere ancora di più sul ruolo delle donne e anche su quelli degli uomini, e rende necessario intensificare gli sforzi per migliorare l’accesso delle donne a posti di lavoro dignitosi come un’importante opportunità per promuovere uno sviluppo sostenibile e inclusivo.


L’Indice delle Madri

Il Rapporto “Le Equilibriste: la maternità in Italia 2022”, include come ogni anno, l’Indice delle Madri che identifica le Regioni che si impegnano, di più o di meno, a sostenere la maternità in Italia. Elaborato dall’ISTAT, l’Indice valuta, attraverso 11 indicatori, la condizione delle madri in tre diverse aree: quella della cura, del lavoro e dei servizi. 

Secondo l’Indice, anche quest’anno, sono le regioni del Nord ad essere più mother friendly, in alcuni casi con valori molto più alti della media nazionale. In queste regioni c’è una maggiore attenzione sulle condizioni socio-economiche delle donne ed è evidente uno sforzo in più nell’investimento sul welfare sociale. Ciò permette alle donne, alle madri, e alle lavoratrici di non dover forzatamente scegliere tra figli e lavoro. 

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