Gaza: non c’è alcun posto sicuro nella Striscia per oltre un milione di bambini, che rischiano di essere uccisi dopo l’avvio delle operazioni militari di terra a Khan Younis

Oltre un milione di bambini – praticamente l'intera popolazione infantile – di Gaza sono rimasti senza un posto sicuro dove andare quando domenica sono iniziate le operazioni militari di terra a Khan Younis, afferma Save the Children, l’Organizzazione che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini e le bambine a rischio e garantire loro un futuro. Khan Younis è una città nel sud di Gaza dove le forze israeliane avevano precedentemente ordinato alla popolazione civile di trasferirsi per sicurezza, ma ora è anch'essa sotto attacco.

Venerdì 1° dicembre è terminata una pausa di sette giorni nelle ostilità a Gaza e sono ripresi i bombardamenti, che hanno ucciso in un giorno oltre 700 persone, compresi i bambini. Da allora, le forze israeliane hanno emesso ulteriori ordini di ricollocazione dei civili nell’area di Khan Younis, indirizzandoli a ovest verso la costa, o a sud verso la città di Rafah, continuando a bombardare entrambe le aree. Gli attacchi aerei hanno già danneggiato edifici residenziali non solo nel nord ma anche in città del sud come Rafah e Khan Younis.

Nel nord di Gaza, centinaia di migliaia di famiglie sono bloccate, in una condizione di estrema insicurezza, con infrastrutture e servizi critici come ospedali e servizi igienico-sanitari decimati, a rischio di fame, malattie, di rimanere feriti o addirittura di morire.

 “Sono nel sud di Gaza, dove i bambini e le loro famiglie stanno lottando per mettersi in salvo. Ma non c’è nessun posto sicuro a Gaza. Non c'è nessun posto dove andare. Le famiglie vengono avvertite dalle autorità israeliane di spostarsi, ancora una volta, sfollate con la forza in aree sempre più ristrette senza alcuna garanzia per la loro sicurezza o prospettiva di poter tornare, e privi delle infrastrutture necessarie e l’accesso ai servizi salvavita. Non si può più fingere che questi ordini garantiscano la sicurezza e la sopravvivenza delle famiglie, perché le mettono solo di fronte all’inconcepibile “scelta” tra una condanna a morte piuttosto che un’altra” dichiara Jason Lee, Direttore di Save the Children nei Territori palestinesi occupati.

“Non è possibile concentrare un gran numero di civili in frammenti di terra così ristretti senza esacerbare una già terribile catastrofe umanitaria. Le famiglie che sopravvivono alle bombe non riescono a infilarsi nei rifugi già gravemente sovraffollati, e sono costrette a montare tende di fortuna, senza accesso all’acqua pulita e con servizi igienico-sanitari fatiscenti, con il rischio che scoppi presto una vera e propria un’emergenza sanitaria pubblica. Mentre case, scuole, ospedali, rifugi dal nord al sud sono ripetutamente attaccati e tutti i valichi in entrata e in uscita da Gaza chiusi, gli ordini di ricollocazione non possono offrire sicurezza, solo una cortina di fumo. I leader mondiali devono garantire un cessate il fuoco adesso. Ogni ora che passa senza garantirlo, significa che sempre più bambini pagheranno il prezzo del fallimento della politica con la loro vita e il loro futuro. Fino ad allora non ci sarà nessun posto sicuro a Gaza” conclude Lee.

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