Rapporto attività 2015

Se dovessimo raccontare il 2015 in un’immagine, sarebbe certamente quella del piccolo Aylan, il bambino siriano ritrovato annegato sulla spiaggia di Bodrum, paradiso turistico della Turchia. Una foto che ha scosso le coscienze e fatto il giro del mondo. Per la familiarità della posa accoccolata. Per la facile identificazione nei suoi tratti somatici. Per la sconvolgente assenza di vita in quel piccolo corpo innocente. Insieme ad Aylan sono diverse centinaia i bambini morti nell’ultimo anno nel Mediterraneo. Ma c’è voluta quella foto shock perché l’opinione pubblica e le istituzioni politiche aprissero gli occhi su un’ecatombe e sul lacerante conflitto in Siria che nel 2015 ha scatenato la peggior crisi migratoria mai registrata nel Mediterraneo.

A distanza di mesi cosa resta di quell’immagine? Un’Europa che continua a tergiversare e che, abdicando ai suoi valori, sta voltando le spalle a tutti quegli uomini, donne e bambini che si affollano alle sue porte, per paura e incapacità di accoglierli. La speranza che l’unanime indignazione suscitata dall’immagine del piccolo Aylan innescasse un’azione risoluta per porre fine a una situazione insopportabile sembra aver lasciato il posto all’oblio, all’indifferenza, all’impotenza.

Ma non per noi. Quella foto non può essere cancellata o dimenticata. Non rappresenta solo un caso individuale, ma centinaia, migliaia di tragedie inascoltate e di diritti negati che ogni giorno incontriamo sul campo.

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