Giornata Mondiale dell’alimentazione: Save the Children, sebbene in calo negli ultimi due anni, gli italiani buttano circa 29 euro di prodotti alimentari ogni mese. Quasi metà degli italiani non sa che 1/3 della produzione mondiale di cibo viene sprecata

Quasi un italiano su cinque butta via del cibo ogni settimana (19%), l’8% lo fa addirittura ogni giorno, mentre solo un terzo degli italiani (32%) lo fa meno spesso di una o due volte al mese.

In alcune regioni, però le percentuali cambiano radicalmente: in Campania ben il 16% della popolazione butta quotidianamente del cibo (a cui si aggiunge il 21% che lo fa almeno una volta alla settimana), seguita dalla Sicilia con il 14% (con un 30% che spreca cibo almeno una volta ogni 7 giorni). Esempi virtuosi Trentino Alto Adige, in cui quasi la metà della popolazione butta il cibo meno spesso di una o due volte al mese (45%) e la Sardegna (43%).

In media finiscono nella pattumiera circa 29 euro di prodotti alimentari al mese, ma con dei picchi che raggiungono i 43 euro in Abruzzo, i 37 in Liguria e i 35 in Lazio, contro i 15 euro della Sardegna e i 19 della Basilicata.
Questi alcuni dei dati che emergono dalla ricerca Gli sprechi alimentari in Italia (1), condotta da Ipsos per Save the Children, alla vigilia della Giornata Mondiale dell’Alimentazione e dell’avvio del mese di sensibilizzazione e raccolta fondi legato ad Every One, la campagna dell’Organizzazione per combattere la mortalità infantile, cioè l’assurda morte di 6,9 milioni di bambini all’anno per cause prevenibili e curabili. 


Benché quasi la metà degli Italiani (49%) sia attento a comprare lo stretto necessario, il 46 % di essi compra un po’ di più e un 5% molto di più di quanto effettivamente serve. La regione più oculata negli acquisti appare l’Emilia Romagna, con un 65% della popolazione che si dichiara attenta a comprare solo lo stretto indispensabile, seguita dalla Calabria (60%) e dall’Umbria (59%). Al di sotto della media nazionale tra le regioni meno attente ad acquistare ciò che serve davvero, il Trentino Alto Adige (in cui la percentuale di chi compra l’essenziale scende al 42%), Basilicata e Abruzzo (44%).

In Abruzzo, ben il 15% degli intervistati compra molto di più del cibo di cui ha effettiva necessità.
Negli ultimi due anni, tuttavia, gli sprechi alimentari sono in calo per i due terzi degli intervistati: per il 64% degli italiani, infatti, gli sprechi nella propria famiglia sono diminuiti, contro un 28 % che mantengono costanti i propri comportamenti. Per contro, per un residuo 8% gli sprechi alimentari sono aumentati. 


Tra coloro che dicono di aver diminuito gli sprechi, ben il 61% attribuisce questo comportamento virtuoso alla crisi economica, il 54% a motivi etici (tra di essi soprattutto donne e persone tra i 30 e i 39 anni), il 25% dice che non sopporta il pensiero di persone che per contro non hanno cibo, mentre un residuo 8% e 5% afferma rispettivamente che sono diminuiti i membri della famiglia o che segue una dieta particolare. 


Sul totale delle persone che dicono di aver diminuito i propri sprechi, gli abitanti di Veneto, Sardegna e Puglia sono le regioni più attente,
con rispettivamente l’80%, il 76% e il 73% degli intervistati che lo dichiara. Cambiano però le motivazioni: il 65% dei veneti che dicono di aver diminuito gli sprechi lo fa perché si dice infastidito dall’eccessiva dissipazione di cibo, mentre per il 68% dei sardi la motivazione principale è la crisi economica. 


Interrogata su alcuni dei dati principali diffusi negli scorsi giorni da Save the Children nell’ambito della campagna Every One e contenuti nel rapporto “WITH-OUT. Fame e sprechi: il paradosso della scarsità nell’abbondanza”, quasi metà della popolazione italiana (49%) dichiara di non essere al corrente o solo di avere un’idea non precisa del fatto che 1/3 della produzione mondiale di cibo venga sprecato (con dei picchi del 60%, 59% e del 56% rispettivamente in Lazio, Friuli Venezia Giulia ed Abruzzo). Il 10% dice che non lo immaginava nemmeno. Ad essere informate sugli sprechi alimentari sono soprattutto le donne. 


Inoltre ben il 37% dichiara di non sapere o sapere solo vagamente che nel mondo 2, 3 milioni di bambini muoiono prima di aver compiuto 5 anni a causa della malnutrizione (con dei picchi del 46% in Campania e in Trentino). Un 2% degli italiani non lo immaginava nemmeno.
Secondo la maggioranza degli italiani, una maggiore consapevolezza sul valore complessivo degli sprechi alimentari nel mondo, così come sulla mortalità infantile causata dalla malnutrizione, potrebbe aiutare molte famiglie in Italia a prestare maggiore attenzione a questo tema e ridurre gli sprechi alimentari.

Il 59% degli italiani ritiene infatti che se i dati fossero maggiormente conosciuti e la gente adeguatamente sensibilizzata, sicuramente si presterebbe maggiore attenzione a ridurre gli sprechi alimentari (il dato scende al 41% in Umbria e al 42% in Liguria), un 32 % pensa che inizialmente si starebbe più attenti ma poi si tornerebbe alle solite abitudini, mentre un residuo 9% ritiene che probabilmente non avrebbe alcun effetto (dato che balza al 16% in Emilia Romagna e al 14% in Liguria). 


“Eppure mentre ogni 5 secondi un bambino muore per malattie banali e curabili o a causa della malnutrizione, nella sola Italia, le perdite e gli sprechi di cibo lungo tutta la filiera ammontano a 17 milioni di tonnellate, pari ad un valore di 11 miliardi di euro: lo 0,7 del Pil”, commenta Valerio Neri, Direttore Generale Save the Children Italia. “E non accade di meglio negli Stati Uniti, dove finisce nella pattumiera il 30% del cibo destinato al consumo e dove ogni famiglia spreca in media 1600 dollari di cibo all’anno”. 


Il valore economico degli sprechi mondiali è stimato in mille miliardi di dollari l'anno
, così distribuiti: il 68%, pari a 680 miliardi di dollari nei paesi industrializzati, e il 32% pari a 320 miliardi di dollari nei paesi in via di sviluppo . ciò che varia è la fase della filiera produttiva in cui questo avviene. Nei paesi più poveri, in particolare nelle aree del mondo con tassi di malnutrizione elevati e ad alto rischio di insicurezza alimentare, la perdita di cibo si concentra nelle fasi del raccolto e della prima trasformazione a causa sia dei fattori climatici e ambientali, sia delle tecniche di preparazione dei terreni, di semina, di coltivazione e di conservazione dei cibi.

Al contrario, nei paesi industrializzati, emerge preponderante il fenomeno nella fase di consumo.  “Nei paesi in via di sviluppo, le famiglie spendono già tra il 50% e l'80% del loro reddito in cibo”, prosegue il Direttore Generale di Save the Children Italia, “e la costante crescita dei prezzi erode il loro potere di acquisto e costituisce una seria minaccia per la vita di centinaia di migliaia di bambini. Se non si inverte questa tendenza, tra quindici anni il numero di bambini malnutriti potrebbe arrivare a 450 milioni, con effetti molto gravi sulla mortalità infantile.” 


Per fermare le silenziose morti di 6,9 milioni di bambini all’anno, a causa di malattie prevenibili e curabili, quali polmonite, morbillo, diarrea, malaria o malnutrizione, Save the Children ha lanciato nel 2009 la Campagna Every One, la sua più grande campagna mondiale promossa in 64 Paesi nel mondo, per contribuire al raggiungimento del 4° Obiettivo di Sviluppo del Millennio: ridurre di due terzi la mortalità infantile e di tre quarti quella materna entro il 2015. 


Save the Children vuole raggiungere con i suoi progetti 50 milioni di bambini e donne in età riproduttiva ogni anno entro il 2015: una sfida ambiziosa, ma possibile da raggiungere con semplici soluzioni e con il coinvolgimento di tutti, governi, opinione pubblica, comunità locali, singole persone. Fino ad oggi, grazie alla campagna, Save the Children ha contribuito a formare 178.969 operatori sanitari, raccolto 885 milioni di dollari destinati ai progetti di salute e nutrizione materno-infantile, mobilitate oltre 13 milioni di persone che hanno fatto un’azione per la campagna. Nel solo 2011 oltre 50 milioni di donne in età riproduttiva e bambini hanno beneficiato dei nostri progetti di salute materno-infantile. 


Per sensibilizzare gli italiani sulle tematiche della mortalità infantile, della malnutrizione e degli sprechi, per il secondo anno consecutivo il parte il Viaggio Palloncino Rosso, simbolo di Every One - insieme stavolta al Salvagioco, un percorso ludico ricreativo che coinvolgerà migliaia di bambini - che percorrerà in lungo e in largo l’Italia per mobilitare quante più persone possibile nella sfida alla mortalità e malnutrizione infantile. 18 in tutto le tappe: dopo Roma (9 ottobre), Venezia (11), Trieste(13-14), Napoli (14), si continua con Trento (16) Milano (18), Torino (19), Genova (22), Bologna (24), Pisa(25), Firenze (26), Cagliari (26), Palermo (29), Catanzaro (31), Melfi (5 novembre), Bari (7), L'Aquila (9), Perugia (10). 


Dal 15 ottobre all’ 11 novembre, attivo un numero solidale per donazioni a favore della campagna di Save the Children: sarà possibile donare 2 euro inviando un sms al numero 45507 dai cellulari TIM, Vodafone, Wind, 3, PosteMobile, CoopVoce e Nòverca o chiamando lo stesso numero da rete fissa TWT, mentre si potrà contribuire con 2 o 5 euro chiamando da rete fissa Telecom Italia, Infostrada e Fastweb. I fondi raccolti sosterranno gli interventi dell’Organizzazione contro la mortalità infantile in 8 paesi: Uganda, Mozambico, Malawi, Etiopia, Egitto, India, Nepal e Pakistan.

La ricerca su "Gli Sprechi Alimentari in Italia" è disponibile al seguente link.

Per ulteriori informazioni:
Ufficio Stampa Save the Children Italia
Tel. 06 48070071 – 23- 81- 63
press@savethechildren.it
www.savethechildren.it

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NOTE

1) La ricerca è stata realizzata da Ipsos attraverso 1478 interviste con questionari compilati online con metodologia CAWI (Computer Aided Web Interviewing) a persone di età compresa fra 16 e 60 anni