Malnutrizione: 144 milioni i bambini sotto i 5 anni colpiti dalla forma cronica e circa 47 milioni quelli affetti dalla forma acuta. La crisi sanitaria rischia di aumentare la mortalità infantile fino al 45% entro il 2020
La crisi sanitaria da COVID-19 ha posto tutto il mondo davanti ad un’emergenza senza precedenti e in molti paesi ha esasperato situazioni già al limite, gravando ulteriormente su famiglie e bambini già stremati da povertà, conflitti e mutamenti climatici e che oggi vedono diffondersi ancor di più la piaga silenziosa della malnutrizione infantile che nei bambini rischia di compromettere seriamente lo sviluppo psico-fisico e cognitivo, causando difficoltà nell’apprendimento e nella crescita.
Una piaga appunto, quella della malnutrizione cronica infantile che nel mondo colpisce 144 milioni (circa il 21% del totale) di bambini sotto i 5 anni. Di questi, un bambino su due (78,2 milioni) vive in Asia e quattro su dieci (57,5 milioni) in Africa. Circa 47 milioni di bambini sotto i 5 anni (il 7% del totale) sono inoltre, affetti da malnutrizione acuta: più di due terzi di questi vive in Asia (32,6 milioni) e più di un quarto in Africa (12,7 milioni). Inoltre, la crisi causata dal covid-19 rischia di far piombare ben 27 Paesi nella peggiore crisi alimentare di sempre, per l’impatto congiunto di crisi economica, insicurezza e instabilità politica, condizioni climatiche estreme e malattie di origine animale.
Sono questi i dati drammatici diffusi oggi, in occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione 2020 da Save the Children, l’Organizzazione che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini a rischio e garantire loro un futuro, nel Rapporto “La Malnutrizione infantile e l’impatto del covid-19” che sottolinea come, la situazione fosse allarmante già prima della diffusione della pandemia. Nel 2019, infatti, circa 144 milioni di bambini sotto i 5 anni già soffrivano di malnutrizione cronica e la prospettiva potrebbe essere ancora più tragica visto che, a causa di una recessione economica senza precedenti, più di 130 milioni di persone in più rispetto all’anno scorso, potrebbero soffrire la fame entro la fine del 2020. Particolarmente drammatica la previsione dei circa 6,7 milioni di bambini sotto i 5 anni che potrebbero soffrire di malnutrizione acuta entro la fine di quest’anno, con più della metà dei casi concentrati in Asia (57,6%) e un bambino su cinque (21,8%) in Africa subsahariana. Il Report sottolinea anche come entro l’anno, il numero di bambini che vivono in famiglie povere nel mondo potrebbe aumentare di oltre 117 milioni.
“Le conseguenze della crisi sanitaria causata dal COVID-19 si stanno abbattendo in maniera drammatica sui bambini, colpiti sempre di più dalla malnutrizione. L’impoverimento delle famiglie a causa della perdita di reddito dovuto alla disoccupazione o all’aumento dei prezzi dei generi alimentari; il crescente impatto delle restrizioni sulla produzione e l’offerta di cibo e l’indebolimento delle reti di protezione sociale, non fanno che aumentare povertà e malnutrizione” dice Daniela Fatarella, Direttrice Generale di Save the Children, che aggiunge “Il premio Nobel per la Pace che nei giorni scorsi è stato dato al World Food Program, ci ricorda quanto il tema della fame – soprattutto per i più piccoli – sia sempre di più una priorità da affrontare da parte di tutta la comunità internazionale. Rischiamo di mandare in fumo decenni di lotta contro la povertà estrema e perdere una intera generazione di bambini, a causa della mancanza di cibo”.
La pandemia da COVID-19 rischia di compromettere il raggiungimento degli SDGs (gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite). La paura più grande è che questa possa considerarsi “una decade persa” perché i lenti miglioramenti raggiunti fino ad ora potrebbero essere vanificati dalla crisi da coronavirus e, soprattutto, dalle sue conseguenze indirette. Prima del COVID-19, si stimava che gli investimenti necessari per raggiungere gli SDGs ammontassero a circa 750 miliardi di USD e che fosse necessario un investimento di 400 miliardi di USD all’anno per rispondere alle esigenze finanziarie dei Paesi meno sviluppati. Recentemente è stato stimato che siano necessari almeno ulteriori 10 miliardi di USD – di cui metà dovrebbero essere coperti dai donatori internazionali − solo per mitigare gli effetti della crisi alimentare causata dal COVID-19 ed evitare che milioni di persone si trovino in una condizione di malnutrizione.
“Non possiamo più aspettare: questo è il momento di mettere in campo un’azione forte, coordinata e immediata durante e oltre l’emergenza sanitaria per contrastare l’aumento delle disuguaglianze, sradicare la povertà e ridurre gli impatti ambientali dei nostri sistemi alimentari”, spiega ancora Daniela Fatarella. “L’ONU stima che il numero di persone a rischio povertà potrebbe aumentare di 580 milioni e la grande maggioranza delle vittime potrebbero essere bambini. Non è pensabile combattere soltanto la diffusione del Covid senza accorgersi che intanto stiamo perdendo un’intera generazione di bambini che non hanno di che sfamarsi”.
La pandemia, una crisi senza precedenti
La povertà continua ad essere uno dei principali acceleratori di disparità sociale e di malnutrizione. Basti pensare che la percentuale di bambini affetti da malnutrizione cronica è più del doppio tra quelli che vivono in famiglie povere (43,6%) rispetto chi di loro vive in famiglie ricche (18,6%), è inoltre maggiore tra i bambini che vivono nelle zone rurali più remote (35,6%) rispetto a quelli che vivono nelle aree urbane (25,6%).
Dalle stime riportate da Save the Children, già prima dello scoppio della pandemia, circa 144 milioni di bambini sotto i 5 anni (il 21,3% del totale) soffrivano di malnutrizione cronica (stunting), mentre circa 47 milioni (il 6,9%) erano affetti da malnutrizione acuta (wasting). Più di un bambino su due (il 54%) affetto da malnutrizione cronica (78,2 milioni) viveva in Asia e quattro su dieci (57,5 milioni) in Africa.
La crisi sanitaria in atto non ha conseguenze solo sulla salute della popolazione, ma anche sulle disparità socio-economiche già presenti in alcune aree. A causa del COVID-19, i bambini di tutto il mondo hanno dovuto rinunciare per un periodo medio-lungo, alla scuola. Nella fase più acuta dell’emergenza 1,6 miliardi di bambini e adolescenti erano fuori dalla scuola, circa il 90% dell’intera popolazione studentesca. Mentre per alcuni, la chiusura delle scuole e il lockdown hanno significato il doversi adattare alle nuove forme di didattica e alla mancata socializzazione, per molti altri si traduce in forme di sfruttamento o nella necessità di garantire il proprio sostentamento o quello della propria famiglia, come nel caso di Paesi come il Mozambico, la Repubblica Democratica del Congo, il Sud Sudan, il Mali o la Nigeria che da decenni affrontano profonde crisi umanitarie.
Per altri ancora, il non poter frequentare la scuola significa non poter avere un pasto equilibrato e completo. Dal report di Save the Children emerge, infatti, come 368,5 milioni di bambini in tutto il mondo non hanno avuto la possibilità di accedere ai pasti a scuola. Questo significa per molti di loro non poter avere neanche un pasto completo al giorno. A livello globale, oggi, solo metà dei bambini sotto i 2 anni riceve il numero minimo di pasti garantiti e, nella maggioranza delle aree, il solo il 40% di loro soddisfa i criteri minimi per una dieta sana bilanciata e diversificata, con differenze profonde tra le zone urbane e rurali e tra le famiglie più ricche e povere.
Inoltre, dal report emerge che circa la metà dei bambini affetti da malnutrizione cronica (75 milioni) vive in 55 Paesi colpiti da crisi alimentari e che 12.000 persone sono a rischio di morire di fame ogni giorno entro la fine del 2020. Nei Paesi dell’Africa subsahariana la situazione èancora più grave. Si stima, infatti, che 67.000 bambini sono a rischio di morte per fame estrema entro la fine dell’anno, circa 426 ogni giorno fino alla fine dell’anno e si prevede che entro il 2030 circa 433 milioni di persone soffriranno di denutrizione in tutto il continente africano.
Sappiamo già quanto la pandemia abbia impattato sui servizi sanitari di ciascun paese e proprio a causa del mancato accesso alle cure di routine e dei servizi sanitari essenziali si rischia un aumento della mortalità infantile fino al 45%. Si calcola, inoltre, che 80 milioni di bambini rischino di restare esclusi dai vaccini, una prospettiva che vanificherebbe i lenti progressi fatti negli ultimi decenni dalle campagne di vaccinazione portate aventi dalle organizzazioni umanitarie proprio nei paesi in via di sviluppo. La stessa Johns Hopkins University ha stimato che una interruzione del 15% dei servizi sanitari di routine per 6 mesi potrebbe provocare la morte di 253.000 bambini e 12.200 madri in 118 Paesi. Ad oggi, solo un quarto dei bambini sotto i 5 anni che soffrono di malnutrizione (4,4 milioni) ha accesso alle cure, molte delle quali sono state interrotte per contrastare l’emergenza sanitaria. Una situazione che riguarda in particolare i bambini maggiormente vulnerabili come gli orfani, gli sfollati e i rifugiati o coloro che sono vittime di sfruttamento minorile o reclutati dalle bande armate nei Paesi in conflitto.
Il Covid-19 è anche una questione di genere: la fame colpisce di più le ragazze
Particolarmente esposte a disuguaglianze e disparità sia economiche che sociali, donne, ragazze e bambine rappresentano il 60% delle persone che soffrono la fame nel mondo e sono esposte più dei loro coetanei maschi alle conseguenze delle emergenze. Così, bambine e ragazze, dopo lo scoppio della pandemia, si trovano in una situazione di estrema fragilità.
Le donne, le bambine e le adolescenti non sono solo maggiormente esposte al rischio di contagio, poiché rappresentano il 70% delle persone occupate nel settore sanitario e perché si prendono cura dei malati in famiglia, ma rischiano di finire preda delle cosiddette negative coping strategies (meccanismi di risposta negativi). Inoltre, le giovani lavoratrici sono principalmente occupate in settori informali e ad alto rischio e fanno quindi più fatica a re-introdursi nel mondo del lavoro e questo le rende ancora più esposte a sfruttamento.
La chiusura delle scuole, inoltre, potrebbe costringere 10 milioni di bambini, in particolare le bambine e i bambini marginalizzati, a lasciare la scuola per sempre entro la fine del 2020 e la pandemia potrebbe causare ulteriori 13 milioni di matrimoni precoci. Inoltre, una prosecuzione di 6 mesi delle misure restrittive può provocare fino a 7 milioni di gravidanze non volute e fino a 31 milioni di nuovi casi di violenza di genere ai danni di donne e bambine. Basti pensare che in Africa occidentale e centrale, più di 4 donne su 10 (42%) si sposano prima dei 18 anni e meno di 4 ragazze su 10 (36%) completano l’istruzione secondaria, anche a causa di norme sociali e tradizioni che le escludono dalla società. E questo rischia di acuire ancora di più i divari esistenti e di isolarle o ghettizzarle rendendole più vulnerabili dei loro coetanei.
I dati diffusi da Save the Children sottolineano che ogni anno, circa 16 milioni di adolescenti partoriscono, rappresentando più del 10% delle gravidanze nel mondo. Molte soffrono di varie forme di malnutrizione e ciò rappresenta un rischio per la loro salute ed espone i loro bambini a gravi ritardi nello sviluppo psico-fisico. Secondo alcuni studi infatti i bambini nati da una mamma adolescente malnutrita hanno il 15% in più di probabilità di soffrire di malnutrizione cronica. Questo genera un circolo vizioso e intergenerazionale di malnutrizione che si riflette nei propri figli. Per questo è fondamentale eliminare la malnutrizione delle madri e delle adolescenti.
La pandemia, per di più, potrebbe avere un impatto notevole sui programmi per il contrasto alla pratica delle mutilazioni genitali femminili che oggi riguarda già più di 200 milioni di donne. Questa brusca interruzione dei programmi di prevenzione rischia di generare 2 milioni di casi in più nel prossimo decennio.
Guerre e cambiamenti climatici come cause della malnutrizione
Guerre e i conflitti nel mondo, espongono i bambini a gravi forme di malnutrizione. Si calcola che circa 1 bambino su 6 nel mondo viva in Paesi fragili o flagellati da conflitti e guerre civili, ossia 415 milioni già nel 2018. Inoltre, l’insicurezza alimentare e le crisi sociali vengono sempre più utilizzate come armi di guerra e spingono le popolazioni locali a dover fuggire o, peggio, a dover scegliere tra combattere o morire letteralmente di fame. Una pratica che è stata duramente condannata da una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
In questo contesto, il numero totale di persone colpite da crisi alimentari causate da conflitti armati è salito nel 2019 a 77 milioni in 22 Paesi in aree come Medio Oriente, Asia e Africa orientale, rappresentando un’ulteriore minaccia per la vita dei bambini in quei paesi. In Yemen, dove la situazione dal punto di vista della malnutrizione infantile era già drammatica, la pandemia da COVID-19 ha fatto diminuire drasticamente il numero di bambini che hanno ricevuto assistenza alimentare del 74% da marzo di quest’anno e si stima che 27.500 bambini rischino di perdere ogni mese accesso a trattamenti di importanza vitale.
In molte regioni del mondo, la pandemia sta contribuendo ad aggravare le condizioni di salute e nutrizione dei bambini già fortemente compromesse dagli impatti della crisi climatica. I cambiamenti climatici, pongono un problema di giustizia sociale e intergenerazionale e condannano le future generazioni di bambini e adolescenti a pagare il conto di quella che rischia di diventare la più grave crisi nella storia dell’umanità.
La metà più povera della popolazione mondiale è responsabile solo del 10% delle emissioni di CO2 e quindi dell’inquinamento atmosferico, una persona su dieci tra i più ricchi ne immette da sola il 50%. Un paradosso che fa sì che nel mondo, 160 milioni di bambini crescano in aree soggette a siccità, mentre un altro mezzo miliardo si concentri in aree ad alto rischio di alluvioni e di tempeste.
Solo l’anno scorso, inondazioni, siccità e cicloni hanno causato insicurezza alimentare per almeno 33 milioni di bambini in Africa orientale e meridionale e l’OMS stima che ogni anno il clima potrebbe esporre 7,5 milioni di bambini ad una condizione di malnutrizione.
Il mix di crisi climatica, pandemia e malnutrizione risulta poi letale nelle periferie degradate delle grandi metropoli urbane del Sud del mondo, dove in molti casi è impossibile realizzare misure di distanziamento fisico e sociale.
Gli SDGs
Il 16 ottobre a Roma, in occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione 2020, in Largo Gaetana Agnesi vicino a Colosseo si svolgerà l’evento #InsiemepergliSDG realizzato dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI), insieme alla FAO (la Food and Agriculture Organization delle Nazioni Unite), alla Commissione Europea, alla SDG Campaign delle Nazioni Unite, al CIHEAM Iamb di Bari e a Save the Children. È prevista alle 19.30 anche l’accensione videomapping della FAO sul Colosseo. Sarà anche l’occasione per presentare le installazioni itineranti #2030IsNow e #SDGInAction, partite da Bari per poi arrivare a Roma proprio oggi. Le installazioni possono essere visitate dalle 10 alle 18. Save the Children, in collaborazione con Edi, ha ideato per i più piccoli i laboratori Coltivare, Nutrire, Preservare, un grande gioco in gruppo nel quale bambini, bambine ed adolescenti potranno sperimentare insieme come diventare eroi e contribuire, da soli ed in gruppo, ad un futuro sostenibile.
Il Rapporto "La Malnutrizione infantile e l’impatto del COVID-19" è disponibile al link: https://www.savethechildren.it/cosa-facciamo/pubblicazioni/la-malnutrizione-infantile-e-limpatto-del-covid-19
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