COP26: la crisi climatica è una questione intergenerazionale, i giovani devono essere maggiormente coinvolti.
“Non c'è da meravigliarsi che oggi a Glasgow i bambini e i giovani stiano scioperando e manifestando per far sentire la loro voce dal momento che in molti pensano che le loro voci non siano state ascoltate. Se da un lato gli organizzatori della COP26 hanno riconosciuto rilevanza ai giovani con un’apposita giornata dedicata, è triste dover constatare che hanno predicato bene e razzolato male”, ha dichiarato Yolande Wright, Responsabile Povertà Minorile e Clima per Save the Children. “Per decenni i bambini sono stati esclusi e trascurati nel processo decisionale sulla crisi climatica. Nonostante le promesse che questa COP sarebbe stata la più inclusiva di sempre, secondo i giovani attivisti è stato l’esatto opposto. Quello che abbiamo visto questa settimana è che la COP26 è tutt'altro che un ambiente a misura di bambino.
L'inclusione dei bambini e dei ragazzi non è stata una priorità e l'iniquità dei vaccini e le disuguaglianze globali sono state solo alcune delle barriere che hanno ostacolato la loro partecipazione. Per di più, anche chi è riuscito a partecipare ha dovuto lottare: molti giovani attivisti presenti a Glasgow hanno detto a Save the Children che questa settimana, oltre ad essere stati esclusi dai negoziati, hanno anche avuto problemi a reperirli e a seguirli online. A quanto pare, nonostante le restrizioni dovute al Covid-19, si sarebbe potuto fare molto di più per una maggiore inclusione. La crisi climatica, causata dagli adulti, è una crisi intergenerazionale che riguarda i diritti dei bambini ma nella quale i bambini non sono quasi per niente coinvolti. Inoltre, a pagare il prezzo più alto sono i bambini dei paesi a basso e medio reddito e chi è già vittima di disuguaglianze e discriminazioni.
Anche se in questi sei giorni di COP26 sono stati fatti alcuni progressi, siamo profondamente costernati dal fatto che non si sia rispettato l’impegno di mobilitare 100 miliardi di dollari all'anno per il clima entro il 2020 per sostenere i paesi più vulnerabili. Inoltre, siamo preoccupati che non siano stati fatti passi avanti sui finanziamenti per la perdita e il danno e vorremmo vedere un’azione immediata da parte dei principali paesi responsabili delle emissioni e dei paesi ad alto reddito per limitare l’aumento della temperatura al di sotto di 1,5 gradi rispetto ai livelli preindustriali” ha concluso Yolande Wright.
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