Bambini palestinesi in carcere, a rischio Covid
Liberiamo i bambini palestinesi in carcere, a rischio Covid
IL TESTO COMPLETO DELLA PETIZIONE LANCIATA NEL 2020
Ancora oggi circa 500-700 bambini Palestinesi della Cisgiordania vengono processati e detenuti secondo la legge militare israeliana, ogni anno. Sono gli unici bambini al mondo ad essere sistematicamente processati da tribunali militari, con processi iniqui, arresti violenti, spesso notturni e interrogatori coercitivi. L'accusa più comune è il lancio di pietre, per cui si può arrivare ad una pena di 20 anni.
In prigione sono sottoposti ad abusi emotivi e fisici, l’assistenza sanitaria e il sostegno psicosociale sono per loro molto limitati e con l’emergenza Coronavirus la loro situazione si é ulteriormente aggravata.
Al momento, quasi 160 bambini si trovano nelle carceri militari israeliane, in attesa di processo o condanna.
Da marzo, con l’inizio della pandemia, a questi bambini è impedito di ricevere visite dai propri genitori e parenti. Non possono neanche incontrare i loro avvocati e quindi anche il supporto legale è minimo.
Questa situazione crea ulteriori difficoltà e sofferenze per i bambini e li rende vulnerabili a possibili violazioni, inclusa la pressione ad autoincriminarsi. Senza dimenticare il concreto rischio di contrarre il COVID19 a causa della mancanza di spazio nelle celle e dell'accesso minimo che hanno ai servizi igienici.
Il coronavirus infatti ha già raggiunto le carceri israeliane dove sono detenuti i bambini, dove sono stati registrati diversi casi.
Non c’è davvero un attimo da perdere.
La Storia di Ala, 17 anni
Ala è stato arrestato mentre andava a scuola durante degli scontri. Colpito da proiettili di gomma e ferito al piede e alla testa ha subito prima un interrogatorio di 5 giorni e solo dopo è stato visitato da un medico. Dopo aver trascorso alcuni giorni in ospedale per le ferite riportate è stato trasferito in prigione. Ha dovuto dividere una cella di circa 20 metri quadri con altri 9 ragazzi, alcuni anche molto più piccoli di lui. La paura del Coronavirus era tanta e i ragazzi provavano a mantenere pulito questo spazio angusto in cui erano costretti, ma senza disinfettanti e con le guardie che entravano continuamente nelle celle, spesso con i cani, era praticamente impossibile. Ora Ala è stato per fortuna rilasciato ma teme fortemente per gli altri ragazzi che sono ancora in carcere. Lui ha vissuto fino a poco temo fa in quella situazione e sa che il pericolo di ammalarsi è reale.
Cosa chiediamo
In linea con la richiesta di numerosi esperti delle Nazioni Unite[1], Save the Children chiede il rilascio immediato di tutti i bambini palestinesi detenuti, affinché possano tornare in sicurezza nelle proprie famiglie e comunità durante la pandemia.
Chiediamo quindi al Ministro Di Maio e all’Ambasciatore presso le Nazioni Unite a Ginevra, Gian Lorenzo Cornado di farsi promotori di un’iniziativa in seno al Consiglio Diritti Umani per supportare l’appello dei funzionari delle Nazioni Unite per la liberazione dei bambini nelle carceri militari israeliane per limitare la diffusione della pandemia.
A livello normativo:
Israele ha ratificato la Convezione dei Diritti del Bambino nel 1991, impegnandosi ad attuare tutti i diritti e le protezioni inclusi nel trattato, compreso il fatto che l’interesse superiore del minore deve essere una considerazione primaria in tutte le decisioni che lo riguardano, e la detenzione deve essere usata solo come una misura di ultima istanza per il periodo più breve possibile (articolo 37). Ciononostante, Israele ha la peculiarità di essere l’unico paese al mondo che detiene e persegue i bambini nei tribunali militari, privando così questi imputati minorenni dei diritti e delle protezioni fondamentali del giusto processo.
Questo vuol dire che nei confronti dei bambini palestinesi vengono sistematicamente violate:
a) la Convenzione dei Diritti del Bambino;
b) la Convenzione contro la Tortura delle Nazioni Unite;
c) la Quarta Convenzione di Ginevra sulla tutela della popolazione civile in tempo di guerra.
Il nostro intervento
Save the Children in oPt (Territori Palestinesi Occupati) lavora per la reintegrazione dei minori ex detenuti che raccontano di arresti violenti – spesso notturni, interrogatori coercitivi, abusi emotivi e fisici in detenzione e la mancanza di servizi essenziali. Già prima della crisi del COVID-19, l’88% dei bambini ha riferito di non aver ricevuto assistenza sanitaria durante il periodo della detenzione. Anche il sostegno psicosociale è limitato. Molti ragazzi e ragazze hanno subito danni irreparabili in detenzione che si manifestano in ansia, depressione, cambiamenti comportamentali, disordini alimentari o del sonno.
Approfondimenti:
- Jamie McGoldrick, Coordinatore Umanitario nei Territori Palestinesi Occupati, Genevieve Boutin, Rappresentante Speciale dell’UNICEF nello Stato della Palestina, e James Heenan, Capo dell’ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani in Palestina