8 marzo: alla fine del 2020 in Italia più di 1 ragazza su 4, tra i 15 e i 29 anni, non studiava, non lavorava, non era inserita in alcun percorso formativo ed era senza alcuna prospettiva per il futuro
Alla fine del 2020 in Italia più di 1 ragazza su 4, tra i 15 e i 29 anni, era intrappolata nel limbo dei NEET, cioè si trovava nella condizione di non studiare, non lavorare, non essere inserita in alcun percorso formativo, senza alcuna prospettiva per il futuro e possibilità di realizzare i propri sogni e potenziale. Un divario di genere che già nel 2019 presentava picchi fino al 40% in Sicilia e in Calabria, ma che riguardava anche i territori generalmente più virtuosi, come il Trentino Alto Adige, dove a fronte del 7,7% dei ragazzi, le ragazze Neet erano quasi il doppio (14,6%).
Lo sottolinea, in occasione della Giornata Internazionale della Donna, Save the Children – l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini e garantire loro un futuro – evidenziando inoltre come, nella vita di tutti i giorni siano ancora troppi gli stereotipi che segnano la quotidianità di moltissime ragazze.
Esistono stereotipi di genere di tipo sistemico ben radicati nella nostra società, che le bambine e le ragazze cominciano a conoscere già nella prima infanzia, e che creano delle disuguaglianze che le separano dai coetanei maschi man mano che crescono. Tali divari si ampliano e ripercuotono poi sul fronte occupazionale[1], nonostante bambine e ragazze siano più brave a scuola, abbiano meno bocciature e abbandoni scolastici, abbiano competenze maggiori in lettura e in italiano e arrivino a laurearsi molto più dei ragazzi[2]. Anche se progressivamente, già a partire dalla scuola primaria, si allontanano dalle materie scientifiche, prospettiva che influenza l’indirizzo di studio e della facoltà universitaria e che – insieme ad altri fattori che ostacolano la piena indipendenza delle donne - conduce alla segregazione orizzontale e verticale nel lavoro e nelle carriere, a partire dai settori più innovativi (STEM e ICT)[3].
“Una generazione di bambine e ragazze - che già scontavano un gap con i coetanei maschi che affonda le proprie radici nell’infanzia e che si traduce, crescendo, in mancanza di opportunità di lavoro, di carriera, di realizzazione del proprio potenziale - sta vedendo tale situazione acuirsi anche a causa della crisi che stiamo vivendo per via della pandemia. Le mamme, inoltre, sono state tra le più colpite dagli effetti della crisi economica e la mancanza di servizi per la prima infanzia e la necessità di prendersi cura dei bambini in questa fase difficile ha pregiudicato il futuro lavorativo di molte di loro. In questo momento storico, è indispensabile andare alla radice di queste diseguaglianze, perché non ci si può permettere di disperdere il potenziale delle donne e delle ragazze, a partire proprio da quelle che vivono nei contesti più svantaggiati, con interventi specifici volti a liberare talenti e capacità dell’universo femminile. Sono necessari investimenti strutturali che riguardino il mondo del lavoro e i servizi educativi per la prima infanzia, i percorsi educativi all’interno delle scuole, il contrasto a ogni forma di violenza di genere e il sostegno al protagonismo delle ragazze stesse” dichiara Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children.
Nella consapevolezza che diseguaglianze educative, povertà e discriminazioni possano contribuire ad alimentare il divario di genere, Save the Children, in occasione della Giornata internazionale della Donna, lancia sui social l’iniziativa dall’hashtag #findasubito per evidenziare il ruolo centrale dell’educazione delle bambine e dei bambini nella lotta agli stereotipi e per il raggiungimento delle pari opportunità.
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[1] Con un tasso di mancata occupazione tra le 15-34enni che raggiunge il 33% contro il 27,2% dei giovani maschi. Nel 2019, il tasso di occupazione delle giovani laureate tra i 30 e i 34 anni era del 76% contro l’83,4% dei maschi, mentre tra le giovani diplomate senza la laurea le occupate erano solo il 56,7% a fronte dell’80,9% dei coetanei maschi. Senza un diploma di scuola superiore, le occupate sono un esiguo 36,3%, a fronte del 70,7% dei coetanei maschi.
[2] Secondo l’Atlante dell’infanzia a rischio di Save the Children del 2020, le ragazze hanno performance scolastiche migliori dei coetanei: tra i maschi, più di 1 su 4 (26,1%) non raggiunge le competenze sufficienti in matematica e in italiano, questa percentuale si abbassa al 22,1% per le ragazze. L’istruzione rappresenta il principale fattore protettivo per le giovani all’ingresso nel mondo del lavoro, una percezione che spinge a studiare fino ad ottenere una laurea un terzo delle giovani, a fronte di solo un quinto dei giovani maschi, uno dei gap più ampi d’Europa: tra le 30-34enni il 34% è laureata, mentre tra i 30-34enni maschi lo è solo il 22%.
[3] Secondo i dati forniti a Save the Children dal Miur relativi al 2019, tra i diplomati nei licei i ragazzi sono più presenti in quelli scientifici (il 26% di tutti i diplomati, rispetto al 19% delle diplomate) mentre le ragazze sono più presenti nei licei umanistici-artistici (il 42% di tutte le diplomate, solo il 13% dei diplomati). Allo stesso modo, solo il 22% delle ragazze si sono diplomate in istituti tecnici, a fronte del 42% dei maschi. All’università solo il 16,5% delle giovani laureate tra i 25 e i 34 anni ha conseguito il titolo nelle facoltà in ambito scientifico-tecnologico (STEM), a fronte di una percentuale più che doppia (37%) per i maschi.