Crisi climatica: in Italia la probabilità di eventi estremi è aumentata del 9% in 20 anni, i bambini già colpiti da disuguaglianze esposti a maggiore rischio
In Italia, la probabilità di eventi estremi legati alla crisi climatica è aumentata del 9% in 20 anni e i più piccoli rischiano di subire in modo pesante i disagi che questo comporta. Lo dimostrano anche le piogge intense portate dalla tempesta Boris che hanno provocato esondazioni, allagamenti e frane in diverse zone dell’Emilia-Romagna e, nei giorni scorsi, in Europa centrale, dove hanno provocato la morte di una ventina di persone.
Save the Children – l’Organizzazione che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini a rischio e garantire loro un futuro – sottolinea come la crisi climatica sia una crisi dei diritti dell'infanzia e mette a rischio circa 1 miliardo di bambini – quasi metà della popolazione infantile mondiale - che vivono in Paesi ad alto rischio di subire gli impatti del cambiamento climatico [1] e i minori già colpiti dalle disuguaglianze sono maggiormente a rischio.
A livello globale, il numero di bambini che affrontano livelli critici di fame nei Paesi in cui gli eventi meteorologici estremi influiscono maggiormente sulle forniture alimentari è più che raddoppiato negli ultimi cinque anni, registrando un aumento del 20% solo nel 2023. È quanto emerge da una recente analisi [2] di Save the Children, che mostra come più di 33 milioni di bambini e 39 milioni di adulti vivano in condizioni tali da essere classificati nella fase 3 di “crisi” della fame, come stabilito dall'IPC [3], e nei 18 Paesi in cui gli eventi meteorologici estremi come la siccità, i cicloni e le inondazioni sono stati le principali cause dell’insicurezza alimentare [4]. Ciò significa che nei Paesi in cui gli eventi meteorologici estremi sono stati la causa principale della fame, il numero di persone che si trovano ad affrontare la fase 3 dell’IPC e le successive è più che raddoppiato, passando da 29 milioni nel 2018 – inclusi 13 milioni di bambini – a 72 milioni nel 2023.
L’insicurezza alimentare è solo una delle conseguenze del cambiamento climatico che colpisce in modo sproporzionato i più piccoli. Tra luglio 2023 e giugno 2024 un terzo della popolazione infantile mondiale, ovvero 766 milioni di bambini, è stata esposta a ondate di calore estreme [5], mettendo a rischio la loro salute fisica e mentale e i loro diritti, come l'istruzione. Ogni anno gli eventi meteorologici estremi interrompono l'apprendimento di circa 40 milioni di bambini, una cifra destinata a crescere con l'aumento della loro intensità e frequenza a causa dei cambiamenti climatici [6].
Per Save the Children è essenziale attuare una giusta transizione ecologica, che includa interventi contro la povertà multidimensionale, le disuguaglianze e l'ingiustizia climatica e intergenerazionale.
La crisi climatica non è più una minaccia remota. Per i bambini significa crescere in un pianeta sempre più inabitabile che sta già compromettendo i loro diritti. I bambini e i giovani da anni stanno facendo sentire la loro voce chiedendo di intervenire con urgenza per contrastare il cambiamento climatico, ora è il momento che i leader mondiali dimostrino di ascoltarli adottando azioni coraggiose per salvare le loro vite e il loro futuro.
In tutto il mondo, Save the Children lavora per creare un cambiamento duraturo con e per i bambini, sostenendo le comunità a rafforzare la loro resilienza alla crisi climatica e chiedendo ai leader mondiali di affrontarne le cause profonde.
[1] Unicef, The Children’s Climate Risk Index, https://www.datocms-assets.com/30196/1629452207-unicef-climate-crisis-child-rights-crisis.pdf
[2] Secondo i dati della classificazione integrata della sicurezza alimentare o scala IPC, un sistema di monitoraggio per valutare le emergenze legate alla fame in 59 Paesi, 72 milioni di persone in 18 Paesi stavano affrontando la Fase 3 IPC/CH, definita come livelli di crisi di insicurezza alimentare acuta o peggio, soprattutto, nei Paesi in cui le condizioni meteorologiche estreme sono la principale causa della fame. Il conflitto rimane la causa primaria dell’insicurezza alimentare, avendo spinto alla fame 135 milioni di persone in 20 Paesi. Gli shock economici sono stati la principale causa della fame per 75 milioni di persone in 21 Paesi. I 18 Paesi in cui, secondo l’IPC, le condizioni meteorologiche estreme sono state la principale causa della fame nel 2023 sono stati Angola, Burundi, Colombia, El Salvador, Etiopia, Guatemala, Honduras, Kenya, Lesotho, Madagascar, Malawi, Mozambico, Nicaragua, Pakistan, Somalia, Tanzania, Zambia e Zimbabwe. Le quote di bambini sono state calcolate a livello nazionale utilizzando le stime per il 2023 del World Population Prospects delle Nazioni Unite. I bambini costituiscono il 45% dei 72 milioni di persone, ovvero circa 33 milioni. L’aumento del 22% del numero di bambini nell’IPC3+ nel 2023 a causa di condizioni meteorologiche estreme rispetto al 2022 si basa su un confronto di 15 dei 18 Paesi con dati comparabili tra il 2022 e il 2023. Pakistan e Angola sono stati esclusi dalla percentuale di confronto a causa di forti aumenti della quota della popolazione nazionale analizzata nel 2023. La Colombia è stata esclusa poiché nel 2022 non esisteva un IPC per il Paese.
[3] Le famiglie classificate nell’IPC3 presentano divari nel consumo alimentare che si riflettono in una malnutrizione acuta elevata o superiore alla norma, oppure sono in grado solo marginalmente di soddisfare i bisogni alimentari esaurendo i mezzi di sostentamento essenziali.
[4] Secondo la scala globale dell’IPC per monitorare le crisi alimentari e nutrizionali, la Fase 3 è un livello di crisi, la Fase 4 è emergenza e la Fase 5 viene utilizzata quando la situazione raggiunge condizioni simili a quelle della carestia.
[5] In questa ricerca, un'ondata di calore è definita come tre giorni consecutivi con temperature superiori al 99° percentile degli ultimi 30 anni per una specifica località. La nostra definizione rigorosa di 99° percentile evidenzia le condizioni estreme; utilizzando un 97° percentile, i bambini colpiti salirebbero a 1,7 miliardi, utilizzando il periodo di riferimento 1991-2020 per l'anno in corso.
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