Fame e crisi climatica: una combinazione letale per migliaia di bambini. La metà dei bambini malnutriti vive in paesi minacciati dall’emergenza clima.
Circa la metà dei bambini malnutriti è anche vittima delle conseguenze della crisi climatica e i decenni di progressi fatti nella lotta contro la fame e la malnutrizione rischiano di essere minati dall’impatto dell’emergenza climatica. Questo è quanto emerge da una nuova analisi di Save the Children - l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini a rischio e garantire loro un futuro - nella Giornata Mondiale dell’Alimentazione.
Nel mondo sono circa 5,7 milioni i bambini sotto i cinque anni che sono sull’orlo della fame, oltre il 50% in più rispetto al 2019. Ogni anno muoiono oltre 5 milioni di bambini di età inferiore ai cinque anni e la malnutrizione continua a contribuire al 45% di questi decessi. Oltre 2 milioni di bambini muoiono dunque ogni anno anche a causa della malnutrizione, 1 ogni 15 secondi. Le aree del mondo in “emergenza fame” sono sempre più ampie e diffuse e nel mondo oltre 40 milioni di persone sono a livelli di insicurezza alimentare di "crisi" o di "emergenza".
Ad esacerbare una situazione già drammatica si aggiungono le conseguenze della crisi climatica che rappresentano un’ulteriore minaccia per i bambini già vittime di malnutrizione e fame. Difatti, anche se l’86% delle emissioni globali di CO2 è responsabilità dei paesi più ricchi, i paesi più colpiti dalla crisi climatica sono quelli a basso e medio reddito e i bambini che vivono in queste aree e nelle comunità più svantaggiate saranno colpiti prima e più pesantemente, perché sono i più esposti alle malattie trasmesse dall'acqua, alla fame e alla malnutrizione, e vivono in alcuni casi in abitazioni precarie o più fragili e vulnerabili in caso di inondazioni, cicloni e altri eventi climatici estremi.
Gli effetti del cambiamento climatico colpiscono spesso e con sempre più violenza le comunità più povere. Oltre l’80% delle persone che si trovano in una condizione di insicurezza alimentare, povertà o che abitano in aree con conflitti in corso, vivono anche in paesi dove sono estremamente frequenti catastrofi naturali. Quasi 2 miliardi di persone, poco meno di un quarto della popolazione mondiale, vivono in aree che soffrono di carenza idrica e si prevede che questo numero crescerà fino a raggiungere circa la metà della popolazione mondiale entro il 2030.
Si stima che 710 milioni di minori vivano nei 45 paesi a più alto rischio di subire l'impatto del cambiamento climatico. Inondazioni, siccità, uragani e altri eventi meteorologici estremi avranno un impatto particolarmente profondo sui bambini vulnerabili e sulle loro famiglie. I più piccoli, ad esempio, rischiano di soffrire la carenza di cibo, malattie e altre minacce per la salute, come la scarsità o l'innalzamento del livello dell'acqua o una combinazione di questi fattori. Secondo un recente rapporto di Save the Children, ad esempio, i bambini nati nel 2020 sono esposti 7 volte in più rispetto ai loro nonni a ondate di calore, 2,6 volte in più alla siccità, 2,8 alle inondazioni, 3 volte alla perdita dei raccolti e al doppio degli incendi devastanti.
Inoltre, nei paesi colpiti dalla crisi climatica sono molti i casi di rachitismo, che colpiscono nei casi più gravi, un bambino su due, con effetti devastanti e danni irreversibili sullo sviluppo fisico e cognitivo del bambino o rendendoli più vulnerabili a malattie e infezioni. Per molti anni la riduzione dei livelli di rachitismo è stata una priorità per molte ONG ma Save the Children è profondamente preoccupata che decenni di progressi siano vanificati dagli effetti della crisi climatica.
“Dal Burundi all'Afghanistan, dal Mozambico allo Yemen, stiamo assistendo a milioni di bambini che da troppo tempo soffrono di malnutrizione. Molti di questi paesi sono in emergenza alimentare: le persone sono costrette a mangiare insetti per sopravvivere e a riempirsi lo stomaco con fango e argilla pur di non morire di fame. Dobbiamo agire subito per far fronte alla crisi alimentare e alle sue cause più profonde”, ha affermato Yolande Wright, Direttrice Povertà e Clima di Save the Children International. “I bambini denutriti stanno già risentendo degli effetti a lungo termine sulla loro salute e sul loro benessere, senza considerare le future conseguenze devastanti che avrà il cambiamento climatico sulla loro vita. Dobbiamo porre fine a fame e crisi climatica, ma dobbiamo farlo subito. La comunità internazionale deve agire ora per proteggere milioni di bambini dalla malnutrizione e dalla crisi climatica, sia durante la COP26 sia durante la Nutrition for Growth, un'opportunità fondamentale per donatori e governi per intensificare l’urgente impegno necessario per affrontare questa crisi”.
Nei paesi più a rischio a causa della crisi climatica, secondo l'analisi dell’Organizzazione, il più alto tasso di bambini che soffrono di rachitismo si registra in Burundi (54%), dove negli ultimi anni più di 100.000 persone sono state costrette ad abbandonare le proprie case a causa dei disastri naturali dovuti soprattutto all’innalzamento del Lago Tanganica. Seguono il Niger con il 47% dei bambini, Yemen (46%), Papua Nuova Guinea (43%), Mozambico (42%) e il Madagascar (42%) che sta affrontando la peggiore siccità degli ultimi 40 anni, causata da anni di scarse piogge e intensificata da tempeste di sabbia e invasioni di locuste. Nel Paese un bambino su sei al di sotto dei 5 anni soffre di malnutrizione acuta e nei sei distretti più colpiti la percentuale sale a un bambino su quattro. In Afghanistan, che già prima dell'avanzata dei talebani era il secondo paese a livello globale per numero di persone colpite dall’emergenza fame e malnutrizione, si stima che entro quest’anno la metà dei bambini al di sotto dei 5 anni nel Paese è a rischio di malnutrizione acuta e avrà bisogno di trattamenti specifici per poter sopravvivere.
Save the Children, che sta finanziando e implementando programmi a lungo termine in tutto il mondo per combattere la malnutrizione e l’emergenza climatica e sta rispondendo alla crisi alimentare globale, chiede ai governi donatori di finanziare urgentemente il Piano di Risposta Umanitaria Globale e i numerosi altri piani di risposta umanitaria ancora sottofinanziati, e di sostenere l'aumento dei programmi di protezione sociale e dei servizi per l’infanzia. L'Organizzazione esorta i donatori a dare priorità agli aiuti e all'assistenza umanitaria tramite denaro e voucher, all’assistenza alla salute e ad altri aiuti essenziali per le famiglie.
Infine, per limitare l'impatto del cambiamento climatico sulla vita di milioni di bambini, l'Organizzazione chiede di rispettare il limite dell’aumento della temperatura a 1,5 gradi, anche attraverso la rapida eliminazione dei combustibili fossili; aumentare i finanziamenti per il clima per supportare l’adattamento di bambini e comunità alla crisi climatica; ascoltare la voce e le richieste dei bambini e garantire i loro diritti in merito alla questione climatica; investire in strumenti di supporto per i bambini e le famiglie minacciati dalla crisi climatica.
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