Gaza: oltre 360mila palestinesi si sarebbero già allontanati da Rafah. Le famiglie in fuga si sentono “uccise lentamente” perché costrette a spostarsi per la quinta volta in 7 mesi, da una falsa ‘zona umanitaria’ all’altra, per nulla umanitarie nè sicure.

 Molte famiglie a Gaza sono costrette a fuggire per la quinta volta in sette mesi, sostenendo nel frattempo parenti anziani e bambini feriti, a seguito dei nuovi ordini di ricollocazione delle forze israeliane per le parti settentrionali e meridionali della Striscia. Lo afferma Save the Children, l’Organizzazione che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini e le bambine a rischio e garantire loro un futuro. 

 Secondo l’ONU più di 360.000 palestinesi sono fuggiti da Rafah verso altre aree della Striscia a causa degli ordini di ricollocazione in corso. Bombardamenti israeliani dall'aria, dalla terra e dal mare continuano a essere segnalati in gran parte di Gaza con l'intensificarsi dei combattimenti. Forniture vitali come carburante, medicine e altri aiuti stanno finendo a Gaza e i valichi di Rafah e Kerem Shalom restano chiusi dal 5 maggio.

L’Health Cluster ha avvertito che l’immediata ripresa delle forniture di carburante a Gaza è una priorità urgente per mantenere in vita ciò che resta del sistema sanitario decimato, con i servizi sanitari salvavita quasi fermi.

“Questa è la quinta volta che siamo costretti a spostarci, a seguito dei nuovi ordini di ricollocazione. Siamo stati sfollati prima da Gaza a Khan Younis, poi in diverse aree di Rafah e ora a Deir Al-Balah. Questo ci sta distruggendo mentalmente. Ho un figlio con me e mia madre che ha 70 anni. Ogni volta che cominciamo ad abituarci a un luogo, siamo costretti a spostarci nuovamente. Mia madre ha il diabete e la pressione alta. Le mancano le medicine di cui ha bisogno ma non riusciamo a trovarle da nessuna parte. Sembra di venire uccisi lentamente. I nostri figli stanno perdendo la vita, l’istruzione, sperimentano la mancanza di stabilità, lo sfollamento forzato, la paura. Non riesco a spiegare come ci si senta a vivere tutto questo per la quinta volta. Stiamo pagando il prezzo di una guerra con la quale non abbiamo nulla a che fare” ha detto un membro dello staff di Save the Children.

Il personale medico dell’Unità sanitaria di emergenza di Save the Children ad Al-Mawasi ha curato i bambini feriti dagli attacchi aerei nelle “zone umanitarie” designate da Israele, come Deir Al-Balah.

 Lara*, 2 anni, ha riportato ferite orribili al viso, al busto e alla gamba durante un attacco aereo a Deir Al-Balah - nel quale ha perso la vita sua zia - che presumibilmente fa parte dell'area sicura dove alle persone è stato ordinato di andare.

Quando la sua famiglia si è trasferita ad Al Mawasi poco dopo l’attacco, è stata portata in un ospedale da campo dove Save the Children fornisce servizi sanitari ai più piccoli. La bambina è in cura presso l’Organizzazione mentre la sua famiglia si è trasferita per la sesta volta ad Al-Mawasi.

Il dottor John Lawrence, chirurgo pediatrico di Save the Children che lavora nell'ospedale da campo di Al-Mawasi, ha affermato che l'équipe chirurgica pediatrica dell’Organizzazione ha operato Lara*, ma ha bisogno di monitorare attentamente la sua ferita infetta: “Subito dopo l’attacco, Lara è stata trasportata in una vicina struttura medica a Deir Al-Balah dove le sue ferite sono state curate senza anestesia. Qui ad Al-Mawasi, Lara rimarrà nel nostro reparto pediatrico di degenza. È inconcepibile dimetterla mentre ha ancora le ferite aperte. Le terribili condizioni di vita ad Al-Mawasi e l’estrema mancanza di acqua pulita e di strutture igienico-sanitarie sono troppo rischiose per i più piccoli come Lara. Eravamo a corto di parole per descrivere la portata dell’orrore che i bambini dovevano affrontare già a ottobre, eppure eccoci qui, cercando ancora di trovare un modo per descrivere quanto sia atroce questa guerra e quanto gravemente i minori vengano danneggiati, fisicamente e mentalmente. Come abbiamo già detto, non c’è nulla di umanitario in queste zone “umanitarie” e non c’è nulla di sicuro in questi ordini di ricollocazione. Quante volte dobbiamo ripeterci prima che gli Stati agiscano?”

Save the Children chiede un cessate il fuoco immediato e definitivo per proteggere la vita dei bambini di Gaza. Tutti i valichi – l’unica ancora di salvezza per le famiglie – devono essere riaperti e deve essere garantito l’accesso umanitario senza ostacoli in tutta la Striscia. Gli Stati devono fare pressione sul governo israeliano affinché interrompa l’offensiva a Rafah e bisogna cessare immediatamente il trasferimento di armi, componenti e munizioni a gruppi armati israeliani e palestinesi se esiste il rischio che vengano utilizzate per commettere o agevolare gravi violazioni del diritto internazionale umanitario.

Save the Children fornisce servizi essenziali e sostegno ai bambini palestinesi dal 1953. Il team dell’Organizzazione nei Territori Palestinesi Occupati lavora 24 ore su 24, per proteggere il proprio personale e continuare ad aiutare i bambini e le famiglie in tutta Gaza, monitorando costantemente la situazione a Rafah per capire se sussistano le condizioni per continuare le sue operazioni.

*Nomi modificati per motivi di protezione

Per sostenere l’intervento di Save the Children in emergenza: 

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