Giordania: a 5 anni dall’apertura del campo rifugiati di Za’atari sono moltissimi i bambini siriani che non hanno accesso all’educazione

Sono tanti i bambini siriani rifugiati in età scolare ospitati in Giordania che non hanno accesso all’educazione, anche a causa della crescente diffusione del lavoro minorile e dei matrimoni precoci. A denunciarlo Save the Children, l’Organizzazione internazionale dedicata dal 1919 a salvare la vita dei bambini e garantire loro un futuro, in occasione dei cinque anni dall’apertura del campo rifugiati di Za’atari, nel nord del Paese.

A dicembre 2016 erano 125.000 i minori siriani in Giordania che risultavano iscritti a scuola [1], il 54% del totale. A contribuire alla fuoriuscita dal sistema scolastico dei bambini, un diffuso ricorso al lavoro minorile e al matrimonio precoce. A essere più colpiti da tale condizione sono gli adolescenti, sotto pressione per la necessità di supportare economicamente la famiglia (nel 47% delle famiglie siriane nel Paese un minore contribuisce al sostegno finanziario del nucleo [2]) e impossibilitati a recuperare gli anni scolastici persi [3] per via della guerra. Le ragazze sono, inoltre, esposte all’accresciuto rischio di matrimonio precoce: sono molti, infatti, i genitori che decidono di non far frequentare alle figlie la scuola, in parte a causa del timore che possano subire molestie e aggressioni.

Dall’inizio della guerra in Siria, circa 1.3 milioni di rifugiati hanno attraversato il confine entrando in Giordania, con un impatto sulla qualità dell’offerta educativa che ha interessato le famiglie giordane quanto quelle siriane. Nell’anno scolastico 2016/2017, su 50.000 ulteriori posti nel sistema scolastico pubblico resi disponibili nel Paese dal Governo giordano per far fronte a tale situazione (ai quali sono affiancati i 25.000 creati nell’ambito dell’apprendimento non formale, per favorire il reinserimento a scuola), i nuovi alunni e studenti siriani sono stati solamente 24.542, meno della metà. Tra loro molti raccontano di faticare a recuperare e a imparare, a causa di lezioni concentrare in sole tre ore di insegnamento al giorno, di classi che mescolano diverse età e abilità e di insegnanti impreparati ad affrontare la condizione di vulnerabilità degli studenti rifugiati.

“Devo lavorare. Sono l’unico a poterlo fare”, racconta Ali*, 14 anni. È il maggiore di cinque fratelli, vive con la madre a Za’atari e ogni mattina raccoglie la frutta nei campi vicini. “Quando vado a scuola non capisco nulla. Se chiedo aiuto al mio amico l’insegnante ci picchia. Ecco perché ho deciso di smettere. I bambini che capiscono dovrebbero stare a scuola. Quelli che non capiscono non hanno futuro”.

Esistono anche barriere meno visibili, come quelle del pregiudizio e del bullismo. Ahmed*, arrivato dalla Siria 4 anni fa, oggi ha 16 anni. Ha provato a frequentare la scuola pubblica, per poi ritirarsi: “Quando ho spiegato all’insegnante che non ero in grado di leggere e scrivere, mi ha risposto che non si trattava di un suo problema e sono stato punito per non aver fatto i compiti a casa. I compagni, più giovani di me, si lamentavano. Dicevano che ero un fastidio per loro. Ho odiato la scuola”.

“Za’atari rappresenta l’inizio della crisi rifugiati siriana in Medio Oriente, della quale la Giordania ha sostenuto il maggior peso” ha dichiarato Daniela Fatarella, Vice Direttore Generale di Save the Children Italia. “I bambini hanno perso una parte significativa della loro formazione e hanno bisogno di ulteriore aiuto per recuperare. Non è sufficiente avere un banco a disposizione. Gli insegnanti devono ricevere una formazione adeguata e gli ostacoli esterni come il lavoro minorile, i matrimoni precoci e la paura delle molestie devono essere affrontati in modo coordinato. Questi sono i bambini che ricostruiranno la Siria quando la guerra sarà finita, dobbiamo investire su di loro e sul loro diritto all’educazione”.

Il campo di Za’atari, che nel 2012 contava poche abitazioni e una sola scuola, oggi ne ha 14, con turni mattutini e pomeridiani. All’interno del campo circa 6.700 bambini ogni settimana hanno accesso ai centri di Save the Children, dove gli operatori, con l’obiettivo di aiutare i ragazzi ad accedere alla formazione scolastica, cercano di individuare quelli tra loro coinvolti in forme di lavoro minorile e supportano le famiglie nel percorso di reinserimento a scuola. Nell’intero Paese, l’Organizzazione raggiunge 200.000 minori [4]: quando non sono ancora in grado di frequentare le scuole pubbliche, Save the Children offre programmi educativi di qualità che includono sessioni di alfabetizzazione e matematica di base e avanzate, aiutandoli a recuperare le conoscenze la cui acquisizione è venuta meno a causa del conflitto.

Save the Children chiede alla comunità internazionale di rinnovare gli impegni assunti e di supportare i paesi della regione con il sostegno finanziario e le risorse necessarie per riportare i bambini a scuola. Affinché i bambini ricevano gli standard educativi che meritano, l’Organizzazione chiede che venga fornito l’aiuto necessario per promuovere la formazione degli insegnanti, l’identificazione di un percorso chiaro per tornare a un’educazione formale a tempo pieno, la misurazione dei risultati scolastici, come strumento di monitoraggio per migliorare la qualità dell’insegnamento. Altrettanto importante è garantire che i bambini considerino la scuola un luogo sicuro: per questo Save the Children chiede l'attivazione di sistemi efficaci per il contrasto al bullismo e il rafforzamento normativo contro le punizioni corporali. Infine, l’Organizzazione incita la comunità internazionale a offrire un maggiore supporto ai programmi di educazione non formale, importante strumento per facilitare il reinserimento dei bambini nel sistema scolastico.

Supporta i bambini siriani attraverso i programmi Save the Children.

Per ulteriori informazioni:
Tel 06-48070023/63/81/82
ufficiostampa@savethechildren.org
www.savethechildren.it

[1] http://wos-education.org/uploads/reports/170331_Brussels_paper.pdf

[2] http://www.unwomen.org/-/media/headquarters/attachments/sections/librar…

[3] Le precedenti restrizioni in vigore nel Paese, stando alle quali i bambini che avevano perso oltre tre anni di scuola non potevano più accedervi, sono state rimosse.

[4] Save the Children è attiva con 16 programmi per la protezione dei minori nel campo di Za’atari e con 13 centri per l’educazione e la protezione dei bambini nell’intera Giordania. I centri – alcuni dei quali sono unità mobili che raggiungono i bambini nelle comunità rurali o isolate, offrono supporto psicologico e lezioni di matematica, inglese e arabo. Nel 2016 oltre 75.000 bambini hanno beneficiato, in particolare, delle attività che Save the Children offre nei suoi centri in Giordania.