Primo rapporto di Save the Children sulla povertà minorile in Europa: 27 milioni di bambini a rischio povertà (28%), 1 milione in più dal 2008, a causa della crisi e della mancata ridistribuzione delle risorse

Diffusi oggi, in vista delle elezioni europee, i dati del rapporto di Save the Children “Povertà ed esclusione sociale minorile in Europa – in gioco i diritti dei bambini”. In Italia, al via il prossimo 12 maggio “Illuminiamo il futuro”, una grande  campagna di Save the Children per far conoscere e affrontare l’altra faccia della povertà, la povertà educativa, che sta privando i bambini e gli adolescenti, nei quartieri svantaggiati di molte città italiane, di tutte le opportunità di crescita formativa e culturale.

Sono 27 milioni i bambini a rischio povertà o esclusione sociale in Europa, con una crescita di quasi 1 milione in 4 anni (2008-2012), mezzo milione in un solo anno, tra il 2011 e il 2012. Si tratta di una parte consistente della popolazione al di sotto dei 18 anni, più di 1 minore su 4 (28%) nei Paesi UE28, e riguarda tutte le nazioni,  compresi i Paesi nordici, tradizionalmente egualitari e con un forte welfare. In Norvegia, Svezia, Danimarca, Finlandia e Islanda, infatti, ma anche in Slovenia, Olanda, Germania, Svizzera e Repubblica Ceca, la percentuale dei minori è a rischio povertà o esclusione varia dal 12 al 19%, in Italia raggiunge il 33,8%, in Grecia, Ungheria e Lettonia varia tra 35 e 41%, per superare addirittura la metà del totale (52%) in Romania e Bulgaria. Un gap sempre più ampio rispetto agli obiettivi stabiliti dall’Europa per una crescita sostenibile e inclusiva, che prevedono l’affrancamento di almeno 20 milioni di individui dal rischio povertà o esclusione sociale entro il 2020.

Questi alcuni dei dati in evidenza nel rapporto “Povertà ed esclusione sociale minorile in Europa – In gioco i diritti dei bambini” diffuso oggi da Save the Children, che fa luce sulle pesanti conseguenze per bambini e adolescenti della crisi economico-finanziaria iniziata nel 2008 e ancora persistente, e fa appello a tutti i Paesi europei, alle istituzioni UE e ai politici perché vengano stabilite strategie e piani mirati per la riduzione della povertà minorile, con un approccio multi-settoriale, che parta dalla difesa dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.1

“L’impatto della crisi colpisce soprattutto i bambini, maggiormente esposti degli adulti al rischio di povertà o esclusione sociale in quasi tutti i paesi UE, e condiziona pesantemente due aspetti determinanti: il lavoro dei genitori e i servizi di welfare,” ha dichiarato Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children Italia.

“L’Europa deve prendere atto dei gravi danni che la crisi ha prodotto sulle condizioni di vita e di crescita dell’infanzia pressoché in tutti i Paesi, anche se in misura diversa, e mettere tra le sue priorità la lotta alla povertà minorile.”

Il gap sul rischio povertà o esclusione sociale tra minori e adulti tocca i livelli più alti in paesi come Romania e Ungheria (dove supera il 10%), Malta, Lussemburgo, Slovacchia, ma anche Spagna, Irlanda e Francia, e in Italia si attesta al 5%. Gli effetti delle difficoltà lavorative dei genitori sono evidenti, i figli di quelli che hanno una bassa intensità lavorativa2 sono infatti esposti il 56,7% in più al rischio di povertà o esclusione sociale rispetto a chi è figlio di genitori con un’intensità lavorativa più elevata3. Sul fronte del welfare, dove la parità di accesso ai servizi per l’infanzia e all’educazione è fondamentale per garantire uguali opportunità e spezzare il circolo della povertà, solo meno della metà dei Paesi europei, tra cui non figura l’Italia, hanno reso disponibili i servizi per l’infanzia ad almeno 1/3 della popolazione sotto i 3 anni entro il 2010, come stabilito dagli obiettivi condivisi 4

“Il reddito dei nuclei familiari è una delle principali discriminanti rispetto al rischio di povertà minorile, ma la povertà non è soltanto mancanza di denaro, è una realtà multidimensionale ed è tra le cause maggiori della violazione dei diritti dei bambini in Europa. Non si tratta infatti solo della mancata soddisfazione dei diritti di base, come l’alimentazione, il vestiario e l’abitazione, ma esiste una relazione diretta anche con l’esclusione sociale e l’inaccessibilità ai servizi per l’infanzia o ad un’educazione adeguata, e, spesso, con l’impossibilità, per bambini e adolescenti, di partecipare alle attività sociali e culturali con i loro coetanei. La povertà per i bambini europei è soprattutto disuguaglianza,” continua Valerio Neri

E’ di fondamentale importanza comprendere quali siano le correlazioni tra le diverse dimensioni che incidono sulla povertà o sull’esclusione sociale. Le condizioni abitative inadeguate o economicamente insostenibili, ad esempio, sono uno degli aspetti più rilevanti della povertà e dell’esclusione:  quasi 2 bambini europei su 5, 1 su 4 in Italia, vivono in condizioni abitative inadeguate, con il tetto che perde, fondamenta, muri, pavimenti o infissi umidi o danneggiati;  l’11% dei nuclei familiari in Europa destina più del 40% del reddito all’abitazione, con punte del 38% in Grecia, seguita da Spagna, Romania, Bulgaria, Ungheria, Olanda, Germania e Portogallo, mentre l’Italia è appena sotto la media, con il 10,7%. Pertanto, con il poco che rimane, i genitori non riescono più a dare ai loro figli la possibilità di partecipare alle attività culturali, formative e ricreative con i loro coetanei.     

Anche il livello di istruzione delle famiglie di origine gioca un ruolo rilevante sulle condizioni dei minori. La percentuale di minori a rischio povertà o esclusione sociale nei Paesi UE (esclusa la Croazia), infatti, è cresciuta in media dal 55.3% al 61% per i bambini figli di genitori con un basso livello di istruzione, mentre per le famiglie con un grado di istruzione elevato l’incremento si limita a mezzo punto percentuale. L’impatto negativo di una scarsa istruzione familiare rischia purtroppo di perpetuarsi nel futuro dell’Europa, visto che il 13% degli adolescenti abbandona la scuola dopo la secondaria di primo grado e non partecipa più ad alcun percorso formativo o educativo, una percentuale che raggiunge il 17,6% in Italia e supera il 20% in Spagna, Portogallo e Malta.5

Le misure di contrasto e prevenzione della povertà e dell’esclusione sociale minorile

Rispetto alle responsabilità e alle capacità di contrasto e prevenzione della povertà o dell’esclusione sociale minorile da parte dell’Unione Europea e dei singoli Paesi, il Rapporto presentato da Save the Children sottolinea l’importanza delle politiche redistributive, oltre a quella delle possibilità di impiego per i genitori. Anche i Paesi con un PIL elevato, infatti, a differenza di quanto si possa pensare, mostrano una significativa percentuale di minori a rischio povertà o esclusione sociale. Nei Paesi europei membri del G8 i minori a rischio vanno da un minimo di 1 su 5 fino a 1 su 3, mentre in Irlanda, che ha uno dei Pil procapite più elevati (33.000€), la fascia a rischio tocca il  34%.

“In Europa, sono proprio i Paesi con la maggior disuguaglianza lavorativa o quelli incapaci di ridistribuire adeguatamente le risorse in favore dei bambini più svantaggiati a segnare le percentuali più elevate di povertà o esclusione sociale minorile. Una redistribuzione efficace deve partire dagli investimenti per il sostegno diretto delle famiglie, con misure come edilizia popolare, accesso all’impiego e al congedo parentale, salario minimo, indennità di disoccupazione, deduzioni fiscali e accesso universale ai servizi e all’educazione per l’infanzia con un sostegno per i più vulnerabili. Proprio in vista delle elezioni del nuovo Parlamento Europeo chiediamo che questi temi non ancora una volta trascurati, ma messi siano al centro dei programmi di tutti i partiti politici, e che il Governo Italiano inserisca adeguati  investimenti per l’infanzia come priorità nell’agenda del prossimo semestre di Presidenza del Consiglio Europeo,sottolinea ancora Neri.

“Non ci dobbiamo dimenticare che la disuguaglianza non è solo una causa della povertà, ma ne è anche una conseguenza. I bambini nati in contesti o aree economicamente o socialmente svantaggiate, quelli disabili, migranti o membri di minoranze, sono infatti maggiormente esposti ad una infanzia a rischio. Contrastare la povertà minorile significa fare le scelte politiche migliori per ottenere un cambiamento vero, immediato e duraturo in favore di tutti i bambini. La generazione di bambini e adolescenti europei che cresce facendo i conti con deprivazioni ed esclusione potrà esprimere il suo potenziale solo se sostenuta adeguatamente. Vogliamo ricordare a tutti che l’investimento sull’infanzia è vantaggioso, economicamente, socialmente e politicamente.” conclude Neri.

Il prossimo 12 maggio, Save the Children lancerà in Italia “Illuminiamo il futuro”, una grande  campagna per far conoscere e affrontare l’altra faccia della povertà, la povertà educativa, che sta privando i bambini e gli adolescenti, nei quartieri svantaggiati di molte città italiane, di tutte le opportunità di crescita formativa e culturale. L’Organizzazione presenterà un programma nazionale di intervento a sostegno dei bisogni educativi di bambini e adolescenti.

Nelle conclusioni del Rapporto europeo su povertà ed esclusione sociale minorile Save the Children raccomanda che:

  • Tutte le strategie, i piani e gli interventi siano volti a ridurre o prevenire la povertà minorile devono partire sempre dai diritti dei bambini e dalla comprensione dei bisogni e contesti reali dell’infanzia e dell’adolescenza 
  • Gli investimenti sulla tutela e la promozione dell’infanzia e dell’adolescenza a livello europeo, nazionale, regionale e locale, devono rientrare in una golden rule, ovvero la definizione di criteri in base ai quali le spese destinate all'infanzia e alle famiglie vengano scomputate dal calcolo dell'indebitamento del paese, riconoscendo così che costituiscono un beneficio per l’intera società, nel presente e nel futuro. Questo significa che molte delle risorse destinate ai minori devono essere considerate un investimento nel futuro della società, quindi come parte del deficit strutturale a lungo termine e non come un costo attuale.
  • Tutti i Paesi membri EU devono implementare la Raccomandazione della Commissione Europea “Investing in Children: breaking the cycle of disadvantage”, attraverso piani di azione per il contrasto e la prevenzione della povertà e per l’annullamento delle disuguaglianze.
  • Tutti i Paesi membri UE insieme ad Islanda, Norvegia e Svizzera,  devono adottare misure per assicurare un reddito minimo alle famiglie (superiore alla soglia della povertà relativa), l’educazione gratuita di qualità per tutti i bambini e il sostegno ai servizi e all’educazione per l’infanzia e il rinforzo il sistema sanitario universale, in particolare per i bambini più vulnerabili o emarginati. Devono inoltre garantire pari accesso alla giustizia per tutti i bambini, inclusi i minori migranti, come indicato dalle Linee Guida del Consiglio d’Europa sulla Giustizia e misura di bambino.

La versione integrale del rapporto “Povertà ed esclusione sociale minorile in Europa – In gioco i diritti dei bambini” è scaricabile al link: http://risorse.savethechildren.it/files/comunicazione/Ufficio%20Stampa/Child%20Poverty%20and%20Social%20Exclusion%20in%20Europe%20low%20res.pdf

Alcune foto da Italia, Romania, Danimarca e Spagna relative a povertà ed esclusione sociale sono scaricabili al link:  http://risorse.savethechildren.it/files/comunicazione/Ufficio%20Stampa/European%20child%20poverty%20report%20-%20photographs.zip

Per ulteriori informazioni:
Ufficio stampa Save the Children Italia
Tel. 06 48070081-23-71
press@savethechildren.it
www.savethechildren.it



1 Il rapporto analizza e commenta i più recenti dati Eurostat sui minori a rischio povertà o esclusione sociale (EU-SILC 2013), utilizzando l’indicatore AROPE 2012 (At Risk of Poverty or Social Exclusion), e altri dati sull’accesso ai servizi per l’infanzia e all’abbandono scolastico. I Paesi compresi nel rapporto sono gli Stati Membri UE28 più Islanda, Norvegia e Svizzera.

2  Meno del 20% del potenziale

3 Dal 55 all’85% del potenziale

4 Obiettivi di Barcellona – Consiglio Europeo 2002

5  Popolazione di riferimento 18-24 anni