Lampedusa, una voce e un cuore pronti a raccontare
Riportiamo l’intervento di Niccolò, redattore di UndeRadio, che ha partecipato all’iniziativa “L’Europa inizia a Lampedusa”, in ricordo del naufragio del 3 ottobre 2013 che costò la vita a 368 migranti.
“L’etimologia della parola Lampedusa ha un duplice significato: in greco può significare sia lampada che scoglio. Così è ancora oggi per molti, una lampada che proietta verso il futuro o uno scoglio che fa terminare la vita di molte persone”. Queste sono alcune delle parole pronunciate dal vescovo di Lampedusa durante l’ultima Giornata della Memoria e dell’Accoglienza, in ricordo dei caduti in mare del 3 ottobre 2013. Sono parole che difficilmente riuscirò a dimenticare, così vere e allo stesso tempo così crude, gelide. Lampedusa: due facce di una stessa medaglia; chi lo avrebbe mai immaginato? E proprio in concomitanza della data del drammatico naufragio si colloca l’evento “L’Europa inizia a Lampedusa”, al quale prendono parte centinaia di studenti italiani ed europei che durante 4 giorni, dal 30 settembre al 4 ottobre, partecipano ad iniziative e laboratori. L’evento è voluto dal Ministero dell’Interno e dal Ministero della Pubblica Istruzione, in collaborazione con il Comitato 3 ottobre e con il patrocinio del Comune di Lampedusa e Linosa.
Per non dimenticare
Come ci è capitato di chiedere ai ragazzi che hanno preso parte all’iniziativa, l’obiettivo di questo evento, oltre a quello di “non dimenticare”, che è lo stesso della giornata della memoria del 27 gennaio, è sensibilizzare sulla tematica dei “migranti”. Il messaggio che è stato ribadito più volte è quello secondo cui non bisogna parlare di Lampedusa solo in questi giorni, ma portare la voce dei ragazzi che hanno vissuto quest’esperienza in ogni angolo del mondo, affinché se ne parli il più possibile e si possa capire la sensibilità e la delicatezza del tema. Proprio parlando di “voce” e di “ragazzi”, mi viene spontaneo raccontarvi cosa abbiamo fatto noi ragazzi di UndeRadio a Lampedusa.
Ebbene, con altre 4 redattrici, Aurora, Giorgia, Camilla e Martina, ci siamo muniti di cuffie, registratori e tanta voglia di toccar con mano quello che per molti rimane un’immagine mandata in onda ad un tg. Il nostro intento, in qualità di “inviati” di UndeRadio, è stato quello di raccontare l’evento, giorno per giorno, attività per attività, di intervista in intervista. Oggi voglio rendere giustizia a questa tematica e scrivervi come abbiamo vissuto quest’esperienza. Sono stati giorni intensi. A tambur battente, noi “staff” di UndeRadio ci siamo trovati da ragazzi che solitamente seguono le indicazioni dei formatori durante i workshop, a quelli che i workshop li conducono. Il 1 e 2 ottobre, infatti, siamo stati veramente impegnatissimi.
In entrambi i giorni, abbiamo condotto un laboratorio sull’importanza della comunicazione etica dal titolo: “Non discriminazione e diritti: comunicazione, radio e social”. Abbiamo lavorato con ragazzi come noi sulle modalità del comunicare, sul giusto lessico da usare e insieme abbiamo registrato diversi podcast UndeRadio molto articolati, considerando anche che i ragazzi che hanno preso parte ai laboratori non avevano mai fatto radio. Abbiamo realizzato interviste ai personaggi più svariati e diversi tra loro: innanzitutto, per comprendere meglio l’evento, siamo risusciti ad ottenere un’intervista da Tareke Brhane, presidente del Comitato 3 ottobre; poi, abbiamo rivolto domande molte curiose alla nuova frontiera della musica, almeno per me, Sandro Joyeux, “musicista giramondo”.
Infine, abbiamo avuto l’occasione di intervistare anche il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli, e il presidente del Senato, Pietro Grasso. Siamo anche riusciti ad ottenere il permesso per una visita su una motovedetta della guardia costiera, la stessa che opera per salvare le centinaia di migranti che sbarcano al largo delle coste lampedusane, assieme a due membri del corpo della guardia costiera. Infine, abbiamo marciato fino alla porta d’Europa, un monumento per ricordare quei migranti che non ce l’hanno fatta in quel nefasto 3 ottobre 2013. È in quel momento che il vescovo ha pronunciato le parole con cui ho voluto iniziare quest’articolo. Successivamente, anche noi abbiamo partecipato alla cerimonia di chiusura dell’evento commemorativo del 3 ottobre, con la funzione in mare, assistendo al lancio della corona di fiori per i morti nel drammatico naufragio. Abbiamo fatto la conoscenza di tantissimi ragazzi: mai mi sarei aspettato di stringere amicizia con ragazzi provenienti, senza voler esagerare, da tutta l’Italia: da Trento a Firenze e da Foligno fino a Gela. In particolar modo, io ho stretto amicizia con i ragazzi di Trento, ma non solo, poiché per quanto fossimo impegnati, abbiamo conosciuto anche tanti altri studenti, come quelli provenienti da Siracusa o da Firenze.
I ragazzi di Firenze, come poi ho scoperto successivamente, sono quelli che hanno vinto il concorso promosso dal Miur, associato all’iniziativa “L’Europa inizia a Lampedusa” e rivolto a tutte le scuole italiane ed europee. Proprio così: gli studenti presenti a Lampedusa hanno partecipato ad un concorso finalizzato a sviluppare una riflessione in classe sulle tematiche dell’accoglienza e della solidarietà. Personalmente, come ragazzo e come redattore junior di UndeRadio, penso di essere cresciuto moralmente, ma anche di essere maturato. Mi ripetevo in continuazione: “Se non ora quando?”. Mai nessun pensiero fu tanto giusto. Quello che mi sento di dire ai lettori di quest’articolo è: “Non ci credi, se non lo vivi”. Inizialmente, lo ammetto, ero scettico sul mio viaggio a Lampedusa, sia perché era la prima volta che mi allontanavo da casa (escludendo i viaggi scolastici), sia perché pensavo che l’esperienza che avrei vissuto non sarebbe stata poi così formativa.
Poi, però, vivendola in prima persona, mi sono detto: non capita tutti i giorni di incontrare dei superstiti ad una vera e propria strage, o addirittura di intervistare importanti autorità come il presidente del Senato Grasso. Non avrei mai creduto di poter avere così tanto in comune con persone che abitano a chilometri e chilometri da casa mia. Quest’ultima, ovviamente, era un’idea frutto di certi stereotipi, che ormai da tempo, UndeRadio cerca di abbattere. Quindi, l’unica cosa che sento di ripetervi è: “Non ci credi, se non lo vivi!”. Alla luce di ciò, confesso che a Lampedusa ho lasciato un piccolo pezzo di cuore. Durante questo viaggio sono nate amicizie che spero di poter coltivare, nonostante la distanza, e tante, ma tante storie da raccontare ad un mondo che non aspetta altro che di ascoltarle.