Che cos'è una comunità di cura: 5 cose da sapere

In una realtà, come quella italiana, dove l’allarme demografico è sempre più attuale, l’età media in cui divenire genitori aumenta sempre di più: da 40 a 44 anni tra il 2005 e il 2018. Oltre ciò le differenze tra stili riproduttivi delle donne italiane e di quelle straniere sono sempre meno rilevanti e accompagnare le coppie nel processo di presa in cura dei bambini continua ad essere un percorso che richiede tempi lenti e metodologie di efficacia.


Che cos’è una comunità di cura per il supporto ai genitori?


La comunità di cura è il luogo ideale in cui la “culla sociale” prende forma.


La comunità di cura può essere considerata come uno spazio fisico, di relazione, di servizi e di informazioni, dove i genitori con i loro bambini possono muoversi nel modo più semplice e agevole. Della comunità di cura fa parte il percorso clinico del nascere – visite, diagnostica, esami del sangue – ma, ovviamente, la comunità di cura non coincide con la sicurezza clinica di gravidanza e parto. 


5 cose da sapere sulla comunità di cura

  • Comunità di cura significa in primo luogo tutela dei diritti: la nascita in Italia è tutelata da un sistema di diritti di ottima qualità, sia per i nuclei italiani che quelli stranieri; accesso gratuito alle cure mediche; bonus economici, accesso a servizi di sostegno psicosociale e sanitario gratuiti, disponibilità di un pediatra di libera scelta, servizi educativi per la primissima infanzia. Tutto questo spesso è materia di leggi, linee guida e regolamenti. Ma nella realtà non esiste o esiste in modo insufficiente. Per approfondire leggi la serie di articoli Maternità e lavoro in Italia: tutto ciò che devi sapere.
  • Comunità di cura significa decompressione di bisogni primari: intervento di sostegno economico e attivazione di circuiti di prima accoglienza di qualità, attivazione tempestiva dei servizi sociali e riduzione della burocrazia.
  • Comunità di cura significa informazione: accesso a informazioni chiare, semplici, comprensibili anche a chi parla male l’italiano o non si relaziona facilmente alle abitudini culturali italiane; accesso con ridotto carico di oneri burocratici; modernizzazione dei sistemi di informazione per i neo genitori con possibilità di accedere a contenuti pertinenti ai propri bisogni e al proprio territorio.
  • Comunità di cura significa rete territoriale: servizi che parlano tra di loro, anche se appartenenti a livelli istituzionali diversi (competenze regionali/comunali, servizi del privato sociale, associazionismo civico, circuito caritativo, ecc.), istituzione di figure di coordinamento territoriale che si facciano carico di facilitare il processo di comunicazione tra i diversi servizi, progettazione di sistemi avanzati di welfare comunitario territoriale dove anche i privati, i commercianti, i servizi culturali, le iniziative educative integrative (reti di Nati per leggere e Nati per la cultura) possano offrire il loro contributo a migliorare il benessere di bambini e bambine nei primissimi anni della loro vita.
  • Comunità di cura significa slittamento di un paradigma culturale: promozione di campagne di sensibilizzazione rivolte a tutte le persone, con l’obiettivo di diffondere una diversa cultura del vivere uno accanto all’altro esercitando una tenerezza sociale e un’attenzione ai primissimi anni di vita di un essere umano, perché è in quegli anni che si gioca gran parte del suo futuro. 

L’ambiente che ci circonda non è particolarmente a misura di bambino perché i ritmi di vita sono troppo veloci e il clima di instabilità socio-economico che ci accompagna mal si concilia con una dimensione sociale dell’accoglienza e dell’accompagnamento. 


Predisporre una “culla sociale” è dunque una responsabilità, appunto, sociale.
 

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