L’uso delle immagini per rappresentare diverse realtà
Molti di noi ricordano la triste fotografia che ritraeva il corpo del piccolo Alan Kurdi, un bimbo siriano di tre anni, divenuto simbolo della crisi dei migranti in Europa dopo la sua morte per annegamento.
A seguito di quella foto che ha fatto il giro del mondo ci sì è più volte domandati se fosse stato giusto mostrarla.
La questione riguardante l’utilizzo di immagini forti, difficili da guardare ed emotivamente provanti, è sempre stata attiva anche prima del 2015.
In questo articolo vogliamo ripercorrere le ragioni per cui è difficile trovare una posizione netta ma allo stesso tempo non ci si può tirare indietro di fronte alla realtà dei fatti.
Storie non solo fotografie
Come Save the Children lavoriamo in tutto il mondo con l’obiettivo di salvare le bambine e i bambini e garantire la loro crescita. Coraggiosi nelle nostre ambizioni e forti nel prendercene cura, facciamo tutto il necessario per il loro sviluppo.
I Paesi in cui lavoriamo sono caratterizzati da diverse sotto realtà, tra queste ci sono quelle più difficili e dure in assoluto. Parliamo di quelle realtà dove bambine e bambini muoiono per la mancanza di cibo, acqua, malattie facilmente prevenibili o curabili o per mancanza di protezione.
In queste realtà ci sono diverse storie dove ogni individuo è unico e così vogliamo rappresentarlo. Ecco perché non ci limitiamo a raccogliere fotografie per rappresentare quelle dure realtà, ma raccogliamo storie che accompagnano le immagini perché vi sia la più completa rappresentazione. Il nostro obiettivo è quello di non lasciare spazio ad un’interpretazione falsata, ma di dare il più possibile una restituzione dal punto di vista delle persone adulte e non, coinvolte.
Il consenso è la base del rispetto
È fondamentale sempre, in Italia così come in qualsiasi Paese, chiedere il consenso per l’uso di immagini che ritraggono un soggetto riconoscibile: lo facciamo sempre. Ci dotiamo innanzitutto di ore di formazione per comprendere ed applicare al meglio i principi della CSP, la Children Safeguarding Policy, ovvero l’insieme di procedure per agire sempre nell’interesse e nel rispetto del minore. Ecco dunque che una delle parti fondamentali è quella della raccolta dei consensi per la diffusione di immagini, video e storie di bambine, bambini e adulti.
Interessante aggiungere che a volte succede l’opposto; non siamo noi a chiedere il permesso di raccontare una storia, ma sono proprio le persone che vivono una determinata situazione - spesso ingiusta – a chiedere di fare loro da portavoce per espandere il più possibile il bisogno di cambiamento.
Rappresentare la realtà
Uno dei nostri obiettivi è quello di rappresentare il più possibile tutte le piccole e le grandi porzioni che formano il nostro mondo. Ad esempio non ci limitiamo mai a dare una sola visione della realtà: non parliamo del continente africano come se fosse una realtà unica e caratterizzata soltanto da difficoltà, non rappresentiamo così nessun continente e nessun Paese. Dei diversi luoghi raccontiamo tutto: fatiche e successi.
Ecco quindi che continuiamo a farlo attraverso diverse storie:
- Come quella di grande impegno di Saleha: una ragazza che dopo averci incontrati ha deciso di diventare operatrice sanitaria per salvare sempre bambini e bambine che rischiano la vita a causa della malnutrizione in India.
- Oppure il nostro intervento per portare in salvo bambini, bambine e famiglie in fuga dalla guerra in Ucraina.
- Continuando; le parole delle ragazze del Movimento Giovani per Save the Children. Non smettiamo mai di dare loro la voce e di rendere ragazze e ragazzi protagoniste/i del loro futuro.
Sono solo alcune delle tante storie che raccontiamo; qui sul nostro blog, così come su tutti i canali di comunicazione digitali e non.
Non ci fermiamo ad una realtà! Denunciamo situazioni gravi sì, ma allo stesso tempo raccontiamo tantissime storie di successo: dalla vita di un bambino salvato dalla malnutrizione, a un laboratorio di ragazze per creare assorbenti in Uganda, alla bimba che grazie al nostro supporto ha potuto continuare a studiare in DaD qui in Italia e moltissime altre.
Vogliamo ribadire ancora quanto siamo convinti che non si possa voltare lo sguardo e non guardare in faccia ciò che di brutto succede nel mondo; per Alan Kurdi, per le bambine e i bambini che soffrono la fame, per coloro che vivono sotto le bombe. Abbiamo il dovere di raccontare anche queste situazioni.
Siamo consapevoli che molto spesso ci sono storie che non vorremmo leggere, immagini che facciamo fatica a guardare e filmati che ci spezzano il cuore; purtroppo però senza di esse non riusciremmo a dare voce a coloro che voce non hanno.