1000 giorni di guerra in Yemen

Sono trascorsi mille giorni dall’inizio dell’escalation internazionale del conflitto in Yemen, che ha già condotto alla morte migliaia di bambini a causa di violenza, fame o patologie prevenibili come il colera.

Dal 26 marzo 2015 la situazione in Yemen, già paese più povero del Medio Oriente, si è ulteriormente deteriorata, fino a divenire un incubo a occhi aperti in cui i bambini muoiono di fame ogni giorno e sono bombardati a casa e a scuola: 4,5 milioni di minori e donne incinte o in allattamento sono ora affetti da malnutrizione acuta (+148% rispetto al tardo 2014), mentre 462.000 bambini soffrono di malnutrizione acuta grave (+200% rispetto al 2014) e 63 nati vivi ogni 1000 muoiono prima del quinto compleanno (contro i 53 del 2014).

Se le attuali tendenze saranno confermate potrebbero esserci quasi 600.000 bambini sotto i cinque anni gravemente malnutriti in Yemen nel 2018.

Migliaia di bambini hanno subito ferite che hanno cambiato per sempre la loro vita, come accaduto alla tredicenne Noran*, su una sedia a rotelle in seguito all’onda d’urto causata da un attacco aereo che l’ha sbattuta a terra danneggiandole gravemente la spina dorsale. Suo padre è solo nel provvedere a lei e alle sue 7 sorelle e, impiegato nel settore pubblico, non riceve il suo stipendio da quasi un anno e mezzo. La vita, ora, è una battaglia quotidiana.

“Andavo a scuola a piedi, la mia vita era bella perché potevo camminare e scrivere – ci ha raccontato - Ora non posso camminare per andare a scuola. Di solito mi sedevo alla mia scrivania e scrivevo, ma ora, quando provo a scrivere, la mano mi fa male a causa della lesione alla schiena. Amavo scrivere, ma ora non riesco neppure a tenere in mano una penna”.

Non possiamo consentire alla guerra in Yemen di proseguire anche per un solo giorno in più. Se coloro che sono al potere, o che posso influenzare la fine di questa guerra, non conducono a una soluzione pacifica del conflitto, saranno complici nel condannare i bambini in Yemen a morte e miseria ancora maggiori.

Leggi il comunicato

Chi ha letto questo articolo ha visitato anche