Child Guarantee, un Sistema per garantire i bambini più vulnerabili
Nel 2015, il Parlamento Europeo ha invitato la Commissione europea e gli Stati membri "ad introdurre una Child Guarantee, con l’obiettivo di garantire ad ogni bambino in condizioni di povertà accesso ad assistenza sanitaria, istruzione e servizi per la prima infanzia gratuiti, abitazioni dignitose ed un’alimentazione adeguata” (Risoluzione “Reducing inequalities with a special focus on child poverty”).
Gli obiettivi della Child Guarantee
La Child Guarantee è stata pensata infatti proprio per garantire che tutti i bambini a rischio di povertà ed esclusione sociale in Europa possano avere accesso a cinque macro diritti sociali: l'istruzione, i servizi educativi per la prima infanzia, l'assistenza sanitaria, un alloggio e un'alimentazione adeguati.
Si riconosce che alcuni gruppi vulnerabili, come i bambini con disabilità, i minori di origine straniera e rifugiati e i minori in condizioni socio-economiche ed abitative precarie, debbano avere particolari attenzione e misure specifiche.
Studi e applicazione della Child Guarantee
Nel 2017, il Parlamento Europeo ha quindi richiesto alla Commissione Europea un'azione preparatoria per esplorare il potenziale campo di applicazione della Child Guarantee. Come Save the Children abbiamo preso parte sia alla prima sia alla seconda fase, partecipando alla pubblicazione di uno studio finale.
Il Feasibility Study for a Child Guarantee (FSCG2), è stato condotto - sempre in consorzio - da Applica e dall'Istituto lussemburghese di ricerca socioeconomica (LISER), in stretta collaborazione con PPMI, Eurochild, Save the Children ed il supporto di esperti tematici ed esperti nazionali.
Lo studio è stato presentato l’11 febbraio 2021 ed esplora nel dettaglio quali potrebbero essere i costi e i benefici per sviluppare una proposta di Child Guarantee che garantisca a tutti i bambini a rischio di povertà in Europa l’accesso ai cinque diritti sociali sopra menzionati.
La Child Guarantee dovrebbe venire lanciata a marzo 2021, nel corso della presidenza portoghese, e dovrebbe tradursi in una raccomandazione del Consiglio a giugno che ne assicuri un approccio globale e multidimensionale per affrontare la povertà infantile riflettendo l’impianto proposto nella raccomandazione della Commissione europea del 2013 e del Pilastro europeo dei diritti sociali.
La Child Guarantee è un'opportunità cruciale per investire di più e più efficacemente nella prevenzione e nella riduzione delle povertà minorili in Europa. È però fondamentale assicurare che abbia un approccio ampio, per contrastare il fenomeno della povertà minorile in maniera multidimensionale e completa, e per mettere a sistema le varie possibilità di fondi e finanziamenti. Sarà inoltre importante che preveda un piano di azione a livello nazionale chiaro e misurabile, in modo da poterne monitorare l’implementazione e la responsabilità dei singoli governi.
Il Fondo Sociale Europeo Plus
Un primo segnale positivo è arrivato dall’accordo politico sul Fondo Sociale Europeo Plus (FSE+), raggiunto dal Consiglio d’Europa e dal Parlamento europeo lo scorso 29 gennaio 2021. Infatti con un totale di quasi 88 miliardi di EUR, il FSE+ sarà destinato, tra l’altro, ad investire per il contrasto alla povertà minorile. Gli Stati membri con un livello di povertà minorile superiore alla media UE, tra cui l’Italia, dovrebbero utilizzare almeno il 5% delle loro risorse FSE+ per affrontare questo fenomeno. Tutti gli altri Stati membri dovrebbero comunque destinare una quantità adeguata delle risorse del FSE+ ad azioni mirate per combattere la povertà.
Oltre al FSE+, gli Stati membri dell'UE dovrebbero utilizzare diverse risorse europee nell'ambito del quadro finanziario pluriennale 2021-2027 e di queste opportunità si dovrebbe tener conto anche nel delineare i piani di ripresa e resilienza degli Stati membri.
Child Guarantee, un’opportunità per l’Italia
Per l’Italia, pensiamo che sia fondamentale cogliere questa opportunità per 3 importanti azioni:
- Riconoscere i servizi educativi per la prima infanzia come diritto esigibile per tutte le bambine e i bambini, programmando un progressivo ampliamento della rete dei servizi educativi per la prima infanzia per giungere, entro il 2025, alla presa in carico del 60% totale, con un minimo del 33% attraverso servizi a titolarità pubblica in tutte le regioni.
Ad oggi in Italia soltanto il 13.2% dei bambini ha accesso a nidi dell’infanzia e servizi integrativi a titolarità pubblica, gestiti quindi direttamente dai Comuni o dati in gestione a terzi. La mancanza di offerta pubblica penalizza in particolare i bambini che provengono da famiglie più svantaggiate dal punto di vista socioeconomico. - Promuovere una mensa giusta, sana e sostenibile, che sia strumento di contrasto alla povertà alimentare e dispersione scolastica. La mensa è infatti anche propedeutica a garantire l’apertura pomeridiana delle istituzioni scolastiche, anche per attività extracurricolari. Questi servizi dovranno essere economicamente accessibili a tutte le famiglie, garantendo oltre che la gratuità alle famiglie in condizioni di povertà certificata, un tetto massimo di compartecipazione ai costi da parte delle famiglie inferiore al 30%.
Il servizio di ristorazione scolastica oggi è presente in poco più della metà delle scuole italiane (56.3%), con disparità enormi nei sistemi di refezione scolastica e una distanza sempre maggiore tra Nord e Sud, e penalizza soprattutto i bambini che vivono in nuclei familiari svantaggiati economicamente, e quindi con minor risorse per garantire loro una corretta alimentazione. - Contrastare la povertà digitale dei minori promuovendo l’acquisizione e la valutazione delle competenze digitali degli studenti, ad oggi tra le più basse d’Europa, con un intervento educativo in ambito sia scolastico che extrascolastico. Garantire inoltre a tutti gli studenti la messa a disposizione di connessioni e dispostivi per mantenere la continuità educativa anche in periodi di forzata chiusura della scuola.
Nel biennio 2018-2019, il 12,3% dei minori di 6-17 anni non aveva un Pc o un tablet, nel Sud la quota sale al 19% e, se si combina con un basso livello di istruzione e di reddito dei genitori, l’assenza di mezzi informatici tocca un terzo dei minori del Mezzogiorno. L’Istat nel proprio rapporto afferma che “il 45,4 % degli studenti di 6-17 anni (pari a 3 milioni 100mila) ha difficoltà nella didattica a distanza per la carenza di strumenti informatici in famiglia, che risultano assenti o da condividere con altri fratelli o comunque in numero inferiore al necessario”. Senza contare la scarsa “educazione digitale”, l’assenza di competenze digitali di cui soffrono adulti e minori nel nostro paese, fanalino di coda in Europa. Sempre secondo ISTAT nel 2019, tra gli adolescenti di 14-17 anni due su 3 hanno competenze digitali basse o di base mentre meno di tre su 10 (pari a circa 700 mila ragazzi) si attestano su livelli alti.