Come stare vicino a un bambino che ha vissuto la guerra: alcuni consigli
Premesso che ogni bambino/a ragazzo e ragazza è unico/a e che le loro storie di vita e i loro trascorsi sono diversi, come anche i loro fattori di resilienza individuali, potremmo trovarci comunque di fronte ad alcuni sintomi comuni dati dall’evento traumatico che hanno appena vissuto.
Reazioni psicologiche nei bambini vittime della guerra
È importante riconoscere le reazioni e i sintomi più comuni che possono manifestare bambini, bambine e adolescenti che hanno vissuto un evento traumatico come quello della guerra e la conseguente fuga.
Alcuni esempi:
- Isolamento dal gruppo
- Poche parole o mutismo
- Pianto improvviso e inconsolabile
- Disturbi del sonno e incubi notturni
- Ricerca costante di vicinanza degli adulti di riferimento
- Bisogno di movimento costante
- Spaesamento, disorientamento, stato confusionale
- Stati regressivi (uso del ciuccio per i più grandi, enuresi notturna) uso dei giochi adatti ai più piccoli
- Sensazione di impotenza
- Depressione
- Stato di esaurimento svuotamento
- Ansia
- Iperallerta
I casi più complessi devono essere sempre segnalati e immediatamente valutati da esperti del settore come: Psicologi dell’emergenza, Psicologi e Psicoterapeuti specializzati sul trauma per una prima valutazione e eventualmente un invio e una presa in carico da parte dei servi pubblici (es: Neuropsichiatria infantile). Non sostituirti mai a figure professionali specializzate.
Che cosa fare per stare loro vicino/a: 3 fasi fondamentali
La prima fase, fondamentale, è quella di osservare. Osserva sempre prima di agire. Ecco come farlo con alcuni consigli:
- Ritagliati un tempo per cogliere gli aspetti più evidenti sullo stato emotivo e psicologico dei minori, prima ancora di proporre attività strutturate. Dedica un tempo congruo per guardare, osservare e capire chi avete davanti.
- Il gioco libero: soprattutto nelle prime fasi, può essere di grande aiuto per osservare come stanno i bambini, le bambine e gli adolescenti. Metti a disposizione dei giochi di facile utilizzo, adeguati per le fasce d’età (costruzioni morbide, dido o pasta sale, colori, fogli, palla morbida, stickers, giochi da tavolo per i più gradi, carte, etc...)
- Prima di proporre cambiamenti (vestiario, alimenti, etc..) assicurati che ci sia una loro autorizzazione, anche solo di sguardo.
La seconda fase è: comunicare. Come farlo? Alcuni esempi:
- Nelle prime fasi di conoscenza puoi comunicare con i bambini, le bambine e i ragazzi con semplici gesti, in maniera prevalentemente non verbale: con il corpo, con uno sguardo calmo e rassicurante, con movimenti sempre lenti e mai scattosi che vi aiuteranno a mettere la basi per una relazione di fiducia.
- Cerca di capire e memorizzare da subito i loro nomi (anche se poco usuali) e condividi il tuo. Il nome è un aspetto importante per il riconoscimento e la valorizzazione della propria identità, soprattutto in questo momento di spaesamento.
- È sempre bene avere una mediazione culturale, un interprete o un traduttore che possa aiutarti a comunicare con i bambini, bambine e adolescenti. Nel caso in cui non fosse possibile, avvaletevi di alcune App o siti che gratuitamente traducono nella loro lingua.
- Attenzione a non fare troppe domande, in particolare sul loro viaggio, sulla guerra, sulla loro condizione di rifugiati. Saranno loro a decidere se e quando parlare. Chiedere questi aspetti potrebbe riattivare emozioni e ricordi recenti traumatici e negativi.
Terza fase: giocare e fare attività semplici
- Se il bambino/a non ha alcun gioco con sé, cerca con delicatezza di scoprire insieme quali preferisce e fai scegliere senza proporre tante alternative. Non è la quantità dei giocattoli che conta! Il gioco è lo strumento che vi permette di entrare in relazione.
- Cerca di reperire comunque giocattoli e materiale adatto alle diverse fasce d’età, evitando giochi troppo banali per gli adolescenti. Per esempio le carte da gioco per i più grandi sono molto apprezzate!
- Nei primi momenti prediligi attività in cerchio di conoscenza con semplici giochi su nomi, ritmo e movimento. Se qualche bambino, bambina o adolescente non vuole partecipare, non insistere; sarà lui/lei ad inserirsi quando vorrà.
- Prediligi giochi calmi e poco attivanti, probabilmente hanno ancora bisogno di recuperare le forze e familiarizzare con il nuovo spazio.
- I disegni e la manipolazione sono da prediligere nelle prime fasi di accoglienza, ma attenzione alle “facili” interpretazioni dei prodotti in chiave psicologica! Se i bambini disegnano “la guerra” è normale, coerente con il loro vissuto doloroso. Se ti vogliono raccontare il proprio disegno, ascoltali e valorizza il loro prodotto, ma senza aprire riflessioni personali e diagnosi affrettate.
Cosa fare se ti chiedono aiuto direttamente: 2 consigli
- Rassicurali e mantieni la calma, ascoltali: possono essere turbati o sconvolti e hanno bisogno di dare senso a ciò che è successo. Chiedi immediatamente ad un esperto di intervenire per rispondere a questa richiesta!
- Se hanno visto qualcosa che li ha turbati, devi far sapere loro che non si devono sentire in colpa e che possono sempre parlarne con un adulto di riferimento.
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