Coronavirus: testimonianza di un gemellaggio scolastico da Milano a Palermo
Dapprima al Nord, a fine febbraio focolaio dei primi casi di Coronavirus, e ad oggi in tutta Italia le restrizioni per il contenimento dei casi di Coronavirus si sono estese su tutto il Paese.
Tra queste misure vi è anche la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado da Nord a Sud lungo tutto il territorio nazionale. Una misura che ha fatto emergere problemi nella gestione della didattica che fino ad allora erano soltanto silenti, pronti però ad uscire al primo sconvolgimento della normale routine scolastica.
Uno dei problemi che gli istituti si sono ritrovati ad affrontare è stato quello dell’implementazione di una didattica alternativa che sopperisse al problema della distanza: l’e-learning attraverso strumenti di didattica digitale.
Dapprima a fatica, ad oggi possiamo dire che la maggior parte delle scuole si è attrezzata attraverso i loro insegnanti che motivati dall’importanza di mantenere in vita la scuola si è dato da fare per utilizzare la didattica digitale e aiutare i colleghi bisognosi di supporto.
È il caso degli Istituti Scolastici di Colozzi Bonfiglio a Palermo – facente parte di Fuoriclasse in Movimento – e l’Istituto Scolastico Ungaretti di Melzo (Milano), due realtà che grazie all’iniziativa di Tuttoscuola #Lascuolaaiutalascuola hanno fatto di quest’emergenza un’opportunità per iniziare un gemellaggio didattico che avvicinasse due realtà geograficamente lontane ma unite nella missione di continuare a dare ai ragazzi l’istruzione che gli spetta.
Abbiamo intervistato Valeria Catalano e Stefania Strignano, le Direttrici Scolastiche dei due rispettivi Istituti.
- Di fronte alla chiusura delle scuole siete riusciti ad adottare misure alternative per gli alunni che sono a casa?
V.C.: L’emergenza Coronavirus è arrivata successivamente rispetto al Nord Italia, abbiamo iniziato a percepire la gravità domenica 23 febbraio perché a Palermo avevamo una grande sfilata con 80 istituzioni scolastiche e con 6 mila bambini, bloccata subito da un’ordinanza. Da subito abbiamo pensato: questa cosa inizia e non finisce più. Ho chiesto immediatamente ai colleghi di avviare Edmodo, che è una modalità di didattica asincrona, la sera stessa tutte le classi erano su Edmodo, sia primaria sia secondaria, grazie all’aiuto dei genitori.
S.S: Sì, ci siamo immediatamente trovati su una piattaforma che abbiamo identificato come adatta a supportarci in questo momento particolare; è stato subito chiaro a tutti che ciò che volevamo era mantenere in qualche modo la relazione con i nostri ragazzi, permettendo loro di non interrompere il percorso di apprendimento. Da lì tutto si è un è mosso da solo; fatto l’orario abbiamo pubblicato sul registro gli ID dei docenti e le famiglie hanno scaricato sui propri device la stessa piattaforma in modo gratuito per connettersi alle lezioni direttamente.
La scuola secondaria ha gli ipad in comodato d’uso; per la primaria invece, per scelta, li teniamo noi a scuola, quindi abbiamo proceduto con la consegna. Abbiamo avuto casi di famiglie con 3 figli e con un solo device, ho proceduto con un comodo d’uso temporaneo alle famiglie. La nostra scuola era già proiettata verso una didattica di tipo digitale, come ad esempio attraverso l’uso della realtà aumentata in aula. Tuttavia fare scuola a distanza è diverso, noi però, con tanto sacrificio, ci siamo da subito impegnati e grazie alle 500 ore di formazione a insegnante siamo riusciti a far fronte a questa emergenza uniti.
- Come è nata l’idea di un gemellaggio tra pari con un’altra scuola? Com’è stata accolta dal corpo docente?
V.C: Mi sono subito resa conto che era necessario lavorare sulla sincronicità e quando Save the Children mi ha chiamato per dirmi che c’era questa disponibilità di gemellaggio tramite Tuttoscuola ho subito accettato e nel giro di poche ore con la Dirigente Strignano ci siamo messi in azione e in mezza giornata i docenti erano attivi per fare tutoraggio a distanza. È nato un rapporto di peer tutoring e di stima reciproca, ci siamo trovate affini.
S.S: Parlare di solidarietà è stato molto semplice e la risposta comunitaria dei miei docenti è stata immediata. Questa credo sia stata la nostra grande forza: siamo persone che sanno mettersi in gioco e non hanno timore di spendersi. La risposta è stata sorprendente e ha dato a tutti una spinta di entusiasmo in più: centinaia di docenti hanno accettato e accolto il nostro aiuto con un entusiasmo che non ci aspettavamo.
- Quali sono stati gli elementi di innovazione?
V.C: Stiamo utilizzando anche la pagina Facebook, la stiamo trasformando, è diventata una bacheca aperta, dove portiamo avanti i diversi progetti. C’è una collaborazione enorme da parte delle diverse realtà e la pagina è diventata un luogo dove tutti danno un contributo condividendo spunti e abilità.
Un altro elemento di innovazione particolarmente importante è stato Zoom, fondamentale per bambini con spettro autistico, l’abbiamo attivato soprattutto per loro. Si stavano chiudendo e stavano perdendo il rapporto di inclusione e integrazione. La gioia più grande con Zoom è stata quando sono entrati i bambini autistici e abbiamo sentito i gridolini di gioia e di felicità.
S.S: Tutto è stato possibile in così breve tempo perché la didattica digitale e l’innovazione metodologica sono già tratto distintivo della nostra didattica: la didattica a distanza non è la stessa cosa ma l’esperienza in questo senso ha aiutato molto. Attraverso le formazioni insegniamo l’utilizzo di classroom, uno spazio virtuale per caricare materiali e video lezioni e nel quale anche gli alunni possono postare i loro compiti; e poi l’uso di applicazioni che permettono di creare video, presentazioni, test finalizzati alla valutazione, tutti strumenti che usiamo quotidianamente e che in questo momento possono fare la differenza.
- Ci sono state difficoltà? Se sì quali?
V.C: Abbiamo situazioni di bambini autistici gravissimi dove di solito lavoriamo con attività sensoriali e sono quelli che fanno più fatica, sono quelli che soffrono di più. Stiamo lavorando per istruire i genitori su questo tipo di attività da portare avanti a casa con i propri figli. Il rapporto con le mamme dei diversamente abili, rendendosi conto dei limiti e delle frustrazioni dei figli, sono stati particolarmente importanti e ci hanno aiutato a mediare quello che riuscivano a fare, sono state loro le nostre mani, le nostre dita che indicavano la figura.
S.S: Dal punto di vista tecnico non abbiamo riscontrato difficoltà, è stata dura per l’intensità del lavoro da parte di tutti.
- A prescindere dall’emergenza è un modello replicabile anche in altre scuole?
V.C: L’emergenza ci ha portato questa opportunità della didattica a distanza, vista sempre come un impedimento piuttosto che un’alternativa. La didattica digitale può diventare complementare, accrescere la motivazione degli alunni e raggiungere altri alunni con altre intelligenze.
S.S: E’ un modello dettato dall’emergenza e le emergenze possono essere tante e diverse, non solo quella sanitaria. Ciò che è replicabile e francamente auspicabile è più in generale il ricorso alla tecnologia nelle nostre scuole come alleato prezioso.
- Un consiglio che sente di dare a famiglie e insegnanti in questo momento di difficoltà?
V.C: In questo momento dobbiamo dare tanta fiducia e serenità ai più piccoli. È importante dare una routine per rispettare gli orari, alzarsi sempre ad una certo orario, non restare in pigiama. Prima che noi iniziassimo l’orario gli alunni si alzavano tardi, stavano in pigiama, ora si alzano presto, fanno colazione e hanno ritmi più adatti per un essere umano, altrimenti sembrano caduti in un letargo.
S.S: Ai docenti chiedo di non arrendersi. E di cercare modi nuovi e inesplorati per non interrompere la relazione. In generale invito tutti e sempre a provare a gestire le situazioni e non a lasciarsene travolgere, anche se sono drammatiche.
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