Diventare tutore volontario: l’esperienza di Serena
Serena ha 47 anni e vive da sempre a Catania, è laureata in Scienze Politiche e ha una grande passione per i viaggi e per la conoscenza del mondo.
Circa un anno fa la Comunità di Sant’Egidio che frequenta da diversi anni, le ha proposto di dare la sua disponibilità a far parte di un elenco di tutori volontari che desiderava mettere a disposizione del Tribunale per i Minorenni di Catania. Non ha esitato a rispondere in modo affermativo, perché da tempo il tema dei migranti, con particolare riguardo ai minorenni, le sta molto a cuore.
Ed ora è tutrice volontaria di 2 ragazzi, provenienti, da Gambia ed Egitto. Ha intrapreso questo percorso senza grandi aspettative, ma solo con il desiderio di aiutare ragazzi in difficoltà verso i quali ha sempre nutrito una particolare attenzione che "richiedono e meritano, non solo dal punto di vista materiale, ma soprattutto psicologico ed affettivo".
"Ho incontrato proprio quello che mi aspettavo, ragazzi con una gran voglia di vivere, ma con mille paure, aspettative e un gran bisogno di famiglia, supporto materiale e psicologico. Ognuno di loro ha infatti un vissuto difficile, fatto di molte privazioni, e spesso malattie e violenza".
Serena ci racconta che le cose positive in questa esperienza sono tante "è un po’ come aver incontrato dei nuovi nipoti, a volte quasi figli, con cui condividere difficoltà, gioie e dolori. La gioia più grande è sentire che il mio aiuto, la mia presenza, sono per loro importanti. Si legano subito e ti chiedono di esserci, in qualunque circostanza.
In fondo qui sono soli e l’aver lasciato la loro famiglia di origine è un grandissimo dolore da gestire quotidianamente. Nella maggior parte dei casi hanno affrontato difficoltà di ogni genere per arrivare in Italia ma la mancanza più grande resta quella degli affetti, dell’amore dei propri cari. Ed è lì che il tutore e tutte le persone che a vario titolo si relazionano con loro devono esserci …Anche le Comunità di accoglienza, in tal senso, hanno un ruolo fondamentale e quando il tutore riesce a stabilire una relazione sinergica con gli operatori e con gli educatori delle strutture in cui i ragazzi vivono i risultati raddoppiano...”
Per quanto riguarda gli aspetti negativi, Serena ci dice che in fondo non sono molti, “più che altro mi confronto con l’indifferenza di tanti, con la superficialità di chi parla di loro senza aver mai parlato con loro.
Sul piano pratico, la difficoltà è quella di conciliare le tante esigenze di questi ragazzi con gli impegni familiari ma soprattutto con il mio lavoro, perché purtroppo alcune attività burocratiche (ritiro permesso di soggiorno, visite mediche, disbrigo pratiche amministrative, ecc) si svolgono in orario lavorativo e non sono previsti permessi specifici per i tutori, pertanto utilizzo i miei permessi retribuiti e mi affido alla sensibilità dei miei superiori... ma credo che in tal senso i tutori dovrebbero avere qualche agevolazione."
Quando le chiediamo se rifarebbe la stessa scelta non ha dubbi "Ho scelto di aiutare dei ragazzi in difficoltà e voglio continuare a farlo. Certo, sarebbe più difficile farlo senza l’aiuto dei miei familiari che alcune volte è davvero fondamentale; infatti, anche mio marito e mio figlio partecipano attivamente a questa esperienza. Per esempio quando condivido con i ragazzi attività ricreative lo faccio quasi sempre con la mia famiglia e quindi stiamo tutti insieme in una relazione che mi auguro possa dare ai ragazzi un po’ di sano calore e senso di famiglia che tanto gli manca."
Infine chiediamo a Serena cosa consiglierebbe a chi sta pensando di fare la domanda per diventare tutore volontario "consiglierei assolutamente di fare la domanda perché è un grande arricchimento personale ma consiglierei di farlo solo con lo “spirito giusto”, quello della condivisione."