Giornata Mondiale del Rifugiato: un’occasione per parlare di coraggio
Per la Giornata Mondiale del Rifugiato, Maria, redattrice UndeRadio una web radio che dà voce a più di 2.000 ragazzi scrive un articolo che racconta la situazione del rifugiati nel mondo e dell’impegno che tutti noi dovremmo avere in nome dell’accoglienza e dell’inclusione.
“Devi tornare a casa. Ne avessi una, restavo. (…)
Faremmo i servi, i figli che non fate,
nostre vite saranno i vostri libri d’avventura.
Portiamo Omero e Dante, il cieco e il pellegrino,
l’odore che perdeste, l’uguaglianza che avete sottomesso.”
Ecco le parole, scivolate dal polso di Erri De Luca nella sua raccolta di poesie Solo andata, che incarnano l’archetipo interpretativo della parola rifugiato.
Il termine «rifugiato» indica un individuo che è costretto per ragioni politiche, sociali ed economiche a scappare dalla sua nazione per cercare rifugio in uno Stato straniero.
Il cammino istituzionale verso la creazione di una tutela giuridica rivolta ai rifugiati è nato in seguito agli sconvolgimenti politici dovuti alla Prima Guerra Mondiale e alla Rivoluzione Russa. La Società delle Nazioni negli anni ’20 istituì il passaporto Nansen, che fu il primo esempio di documento di viaggio internazionale che permise a migliaia di rifugiati e persone apolidi di emigrare verso paesi diversi da quello d’origine. Questo percorso è continuato fino alla creazione di un vero e proprio Statuto dei rifugiati, la Convenzione di Ginevra del 1951, che ha permesso di definire quali sono le persone che si qualificano come tali e quali no, ha stabilito i diritti degli individui e le responsabilità in capo alle nazioni.
La Giornata Mondiale del rifugiato nasce proprio per celebrare il cinquantesimo anniversario dell’approvazione della Convenzione da parte delle Nazioni Unite. Venne celebrata per la prima volta il 20 Giugno del 2001 e da allora il 20 Giugno è la data nella quale si punta a sensibilizzare l’opinione pubblica sulle condizioni di milioni di profughi e richiedenti asilo.
Le crisi politiche dei rifugiati, essendo strettamente correlate ai conflitti politici internazionali, presentano un carattere astorico. Oggigiorno, ad esempio, la situazione siriana ha provocato la fuga di milioni di persone.
Le condizioni di vita dei rifugiati sono ignobili, ovviamente a pagare il prezzo più caro sono i bambini. In molti, rimasti orfani e con il dovere di provvedere alle loro famiglie, sono costretti al lavoro minorile per paghe misere, essendo appunto troppo facili da sfruttare sia economicamente che sessualmente.
I mass media ci abituano a vedere i profughi come una massa uniformemente pericolosa, il loro arrivo è temuto come le invasioni barbariche nel Medioevo, spaventano con l’accusa di poter inquinare il benessere sociale ed economico dei paesi d’accoglienza.
In realtà bisogna armarsi di coraggio per poter comprendere fin in fondo le storie di ognuna di queste persone, non è facile estrapolare le vite individuali all’interno di questa moltitudine umana.
Per farlo, appunto, è necessario ricordarsi della Giustizia, un’antica chimera che nel 2018 pare estinta; bisogna fermarsi, prendersi un secondo o qualche ora del proprio tempo, smettere di fissare il monitor del computer o del cellulare o peggio ancora della televisione, e ricordare che dietro ad ognuna di queste persone c’è una storia, c’è una famiglia, c’è una passione e quasi sicuramente c’è qualche sogno da realizzare, successivamente arriva la parte più difficile, bisogna comprendere che davanti ai loro occhi fino a poco fa c’erano assassini, bombe, proiettili di mortaio, macerie e cadaveri.
Visualizzare questa realtà per alcuni può essere atroce, ma non lo sarà mai quanto viverla, per questo è essenziale che il 20 Giugno venga celebrata la Giornata Mondiale del rifugiato per far conoscere ad una più ampia platea possibile storie di sradicamento, di sfruttamento, di umiliazione e di sofferenza ma anche storie di forza sovrumana, di traguardi, di chi è riuscito a ricostruire la propria vita con umiltà e calcestruzzo, contribuendo attivamente alla creazione di capitale umano nella società nella quale è stato accolto.