Seminario nazionale Fuoriclasse in Movimento: la testimonianza dei docenti

Come cambia l’infanzia in guerra


Se è vero che “Ogni guerra è una guerra mossa contro i bambini”, come disse Eglantyne Jebb, è anche vero però che la guerra è profondamente cambiata nel corso del ‘900 e fino ai giorni nostri. Questo comporta anche un cambio di impegno rispetto alla tutela dei minori nei contesti di conflitto o che provengono da situazioni di guerra permanente, e che spesso ritroviamo nelle nostre scuole e nelle nostre città.

“La guerra e la pace non hanno più una divisione chiara e netta: oggi ci può essere una guerra – che può durare per un tempo indeterminato – senza che venga firmata alcuna dichiarazione”, dice giustamente lo storico Bruno Maida nel suo intervento della sessione mattutina. Da questo punto di vista, i segni della guerra vissuta o da cui si è scappati restano molto più profondamente e per un periodo più indefinito. Quale può essere allora il ruolo della scuola e degli insegnanti se vogliamo dare un significato concreto all’educazione alla pace?

È importante imparare a riconoscere situazioni di conflitto anche in tempo di pace o di guerra non dichiarata: non ci riferiamo soltanto ai casi più drammatici di “pedagogia delle armi”, quando gli Stati spesso inseriscono in prassi militari le giovani generazioni, ma anche e soprattutto i segni e le conseguenze delle guerre permanenti: i campi profughi sono ad esempio un prolungamento delle guerra stessa. Decifrare per poter curare, consapevoli che l’infanzia perduta non si può riconquistare e che sempre più spesso il passaggio dalla guerra alla “non-guerra” non è un’apertura ad una situazione di pace. 

Contaminazioni: Fuoriclasse incontra altre esperienze


Il pomeriggio è stato invece dedicato a sei workshop tematici[1], organizzati con l’intento di arricchire il percorso di Fuoriclasse, attraverso una contaminazione tra movimenti ed esperienze innovative: dall’outdoor education all’educazione diffusa, dalla promozione della lettura alle metodologie partecipative, dall’orientamento alla didattica inclusiva. 


Diverse le testimonianze dei docenti che hanno partecipato ai laboratori:


“L’esperienza del Writing and Reading Workshop Italia mi ha permesso di immaginare classi che diventano comunità di scrittori e lettori, in un processo rispettoso delle individualità e dei tempi di ciascuno. Io adoro la lettura e da sempre nella mia pratica didattica regalo un momento di lettura ad alta voce all’inizio di ogni mia lezione (sia essa di lingua o di matematica). Stimolata dal laboratorio penso proprio di proporre alle colleghe del plesso di ristrutturare la biblioteca della scuola affidando un armadietto a classe da poter gestire, arricchire e abbellire in modo da rendere questo luogo più accogliente e fruibile da parte di tutti i ragazzi della scuola”.


“Io penso alla nostra realtà, quella di Quartu Sant'Elena, alla periferia di Cagliari. Grazie al workshop sull’educazione diffusa ho ripensato alle tante possibilità di valorizzare il territorio come fonte di conoscenza, anche se la scuola ha poche risorse. Se volessimo immaginare possibili azioni di educazione diffusa potremmo pensare al mare, al contesto naturale, alla sua cultura e organizzazione del territorio – i porti, la pesca, ciò di cui vivono le persone. 


“La mia scuola si trova nel quartiere Quarto Oggiaro di Milano e presenta tutte le difficoltà delle scuole che si trovano nelle periferie delle grandi città. Nel lavoro con Fuoriclasse abbiamo messo al centro i nostri studenti, raccogliendo i loro bisogni e le loro esigenze. Una di quelle più forti era proprio legata alla mancanza di spazi: dentro la scuola e anche fuori, nel territorio. Immaginare luoghi dove i ragazzi possano apprendere e ritrovarsi: penso che questa sia una delle sfide più importanti che abbiamo davanti”

Torniamo tutti a casa arricchiti: il lavoro per il contrasto alla dispersione scolastica è in continuo movimento, richiede capacità di analisi e flessibilità nelle risposte di intervento. Crediamo che sabato 2 marzo abbiamo segnato un punto importante in questo grande impegno collettivo: la scuola è al servizio dell’umanità e davvero può salvare il mondo.

[1] Alfredo Panerai, “Idee e metodi per una scuola partecipativa”; Valentina Poloni e Martina Ferrari (Associazione Italiana Dislessia), “Liberi di apprendere: per una didattica inclusiva a misura di ogni studente”; Chiara Viberti (Cooperativa Sociale Orso), “L’orientamento e il life design: studenti protagonisti attivi delle proprie scelte”; Enrica Mariucci e Francesca Fabbri (Nature Rock), “Outdoor education e biofilia: per una scuola biodiversa”; Giuseppe Campagnoli, “La città educante: fuori dalle aule per crescere nel mondo”; Silvia Pognante (Writing and Reading Workshop Italia), “Crescere con una comunità di lettori”.

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