Migranti e soccorso in mare: rispondiamo alle vostre domande
Il 2016 è stato l’anno in cui nel Mar Mediterraneo si è registrato il più alto numero di morti, oltre 5.000 persone, tra le quali centinaia di bambini e adolescenti, che affrontano un viaggio durissimo e pericoloso per fuggire da condizioni di guerra, povertà, persecuzione. Dall’inizio del 2017, inoltre, più di 1.200 persone hanno già perso la vita durante la traversata o risultano disperse.
Da quasi 10 anni siamo presenti nelle principali aree di sbarco in Italia per fornire sostegno e protezione ai bambini una volta arrivati, ma alla luce di questa grave situazione abbiamo deciso di estendere il nostro intervento alle operazioni di ricerca e soccorso in mare. Lo facciamo nella piena trasparenza e rispetto della legalità, in totale coordinamento con la Guardia Costiera.
Fino a quando non verranno introdotte vie alternative e sicure per evitare a bambini e ragazzi questa lotteria con la morte è nostro dovere intervenire. La nostra missione è Save the Children! Salvare i bambini. Non possiamo voltare lo sguardo di fronte a questa tragedia. Salvare un bambino dall'affogamento non è una questione politica, è un imperativo etico.
In questi giorni sono state rivolte accuse generiche alle operazioni delle ONG che operano nel Mediterraneo nella ricerca e soccorso in mare dei migranti e abbiamo ricevuto molte domande e richieste di chiarimento a cui vogliamo rispondere nei punti seguenti.
- Perché Save the Children è impegnata nel salvataggio in mare dei migranti e come finanzia questo intervento?
Il numero dei bambini e ragazzi che hanno attraversato il Mediterraneo nel 2016 è aumentato del 76% rispetto all’anno precedente e il numero di quelli non accompagnati è più che raddoppiato rispetto all’anno precedente. In proporzione aumentano i decessi di bambini e adolescenti. Questo ci ha convinti ad intervenire, la nostra Missione è Save the Children!
Il 2016, con più di 5.000 vittime e dispersi nel Mediterraneo (di cui 4.500 nel Mediterraneo centrale), è stato l’anno con il più alto numero di decessi. In soli 4 mesi nel 2017 questo dato ha già raggiunto quota 1.200.
In base alle percentuali sugli arrivi via mare in Italia nel 2017, quasi 1 persona su 4 tra le vittime e i dispersi potrebbe essere una donna o un minore, ma sappiamo che nei naufragi sono proprio loro i più vulnerabili e il numero potrebbe anche essere maggiore.
Siamo una organizzazione senza scopo di lucro e i fondi che raccogliamo vengono utilizzati interamente per la nostra missione: salvare i bambini, ovunque e a qualunque costo. È questa la nostra missione fondativa per la quale ci battiamo da quasi 100 anni.
Precisiamo, inoltre, che i finanziamenti delle nostre operazioni di ricerca e salvataggio provengono interamente da privati di tutto il mondo sensibili alla causa, e non un solo centesimo deriva da fondi pubblici.
- Qual è la differenza tra le operazioni di salvataggio e quelle di accoglienza dei migranti?
La nostra operazione di salvataggio ha come obiettivo evitare il maggior numero possibile di annegamenti. Siamo coordinati dalla Guardia Costiera italiana che invia in soccorso la nave di salvataggio più vicina al punto di localizzazione dell’imbarcazione in difficoltà. L’operazione è condotta nel più scrupoloso rispetto delle normative del diritto marittimo internazionale. A bordo della nave, appositamente preparata per accogliere bambini e adolescenti, garantiamo assistenza umanitaria grazie a un team di professionisti specializzati che comprende il team leader, personale medico e infermieristico, operatori esperti di protezione minori e mediatori culturali, personale logistico.
A terra invece non abbiamo nessuna casa di accoglienza per migranti e non riceviamo quindi alcuna sovvenzione. Il nostro ruolo è di informare i ragazzi della legge italiana ed aiutarli a comportarsi rispettandola ed esserne quindi protetti.
Condanniamo con disprezzo e fermezza l'operato dei trafficanti di esseri umani. Confidiamo che l’Europa e lo Stato italiano facciano il massimo per arrestare queste persone, e mettere fine ai loro traffici di esseri umani.
- C’è un collegamento tra l’inchiesta della Procura di Catania e le operazioni di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo di Save the Children?
No. La Procura di Catania ha affermato che la nostra attività è al di sopra di ogni sospetto. Lo stesso Procuratore Carmelo Zuccaro lo ha ripetuto più volte. Tuttavia, fino a quando non saranno definite eventuali responsabilità, continuare a rivolgere accuse generiche alle ONG non solo non è utile a fare chiarezza ma contribuisce a creare un generale clima di sfiducia di cui rischiano di farne le spese i bambini stessi.
- Save the Children ha mai avuto contatti con gli scafisti o operato un ruolo di “taxi per migranti”?
Rifiutiamo in maniera categorica la grave accusa di favorire e avere contatti con i trafficanti, che invece disprezziamo! Noi siamo un'organizzazione umanitaria indipendente, salviamo le vite torturate da questi delinquenti e non abbiamo né abbiamo mai avuto contatti con loro, anzi confidiamo che lo Stato italiano faccia il massimo per individuarli e arrestarli, agendo anche in tutte le sedi internazionali a questo scopo.
- La vostra nave opera in acque libiche?
La nostra nave Vos Hestia agisce in acque internazionali sotto il coordinamento costante della Guardia Costiera italiana.
Quando la Guardia Costiera riceve una chiamata di SOS, a quel punto invia in soccorso la nave di salvataggio più vicina al punto di localizzazione dell’imbarcazione in difficoltà.
- Perché i migranti sono portati in Italia e non nel porto sicuro più vicino?
Non siamo noi a scegliere il porto di sbarco. Tutte le operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo avvengono sotto il coordinamento costante della Guardia Costiera: è questa che decide dove indirizzare le imbarcazioni, nel pieno rispetto del diritto internazionale marittimo che regola anche il soccorso in mare. La Guardia Costiera, come si sa, è alle dipendenze del Ministero dei Trasporti, del Ministero della Difesa e interagisce con altri ministeri. Rappresenta, quindi, lo Stato italiano.
In aggiunta a questo, è importante citare quanto riferito dall’ammiraglio Melone della Guardia Costiera italiana nel corso dell’audizione alla Commissione Difesa, il 4 maggio 2017: “Chiunque, anche al di fuori della sua area, riceva notizie di un’emergenza è tenuto a prestare soccorso e ha l’obbligo di sbarcare nel più vicino porto sicuro che, nel caso dei migranti, sono quelli in cui è garantita la sicurezza fisica e la possibilità di chiedere protezione internazionale. Quindi né Libia né Tunisia”.
- È vero che a causa della presenza delle navi delle ong partono più barconi perché sanno di essere salvati sicuramente (il cosiddetto “effetto calamita” o “pull factor”)?
Non vi è alcuna prova che le attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo facciano aumentare il numero delle persone che tentano la traversata. Con la fine di Mare Nostrum, invece, abbiamo avuto prova del contrario, infatti l’interruzione delle operazioni di soccorso non rappresentò allora un deterrente alle partenze e queste aumentarono.
L’unica conseguenza provata dell’assenza di soccorsi, infatti, è stata l’aumento di morti in mare, e questo ha avuto come unico effetto la ricerca di percorsi sempre più pericolosi. È chiaro, quindi, che i trafficanti continueranno sempre e comunque a costringere migranti e rifugiati ad imbarcarsi. Questo accade per due motivi. Il primo è dato dalle cause reali e persistenti che spingono le persone a fuggire dai loro paesi: persecuzioni, povertà, violenze, siccità e carestie; il secondo è dato dalla situazione di totale insicurezza in cui versa la Libia. Le condizioni nei centri di detenzione del paese sono disumane. Abbiamo raccolto innumerevoli segnalazioni di donne e bambini vittime di persecuzioni, percosse e stupri. Molti dei bambini che abbiamo salvato ci hanno raccontato di essere stati abusati fisicamente o sessualmente dai trafficanti o sottoposti a lavori forzati e arruolamenti forzati nei gruppi armati.
La presenza di operazioni di ricerca e salvataggio, pertanto, garantisce semplicemente la sopravvivenza di un numero maggiore di persone.
Finché l'Unione Europea non riuscirà a garantire i diritti umani e il rispetto della dignità anche in Libia persone disperate continueranno a rischiare la vita in mare, indipendentemente dal fatto che ci sia qualcuno a salvarli. Come organizzazione umanitaria, non possiamo rimanere inermi e vederli morire.
- Perché salvate i migranti in mare se tra loro non ci sono minori?
Non è vero che i migranti in mare sono solo adulti. Nel 2016, infatti, sono giunti in Italia via mare circa 26.000 minori soli non accompagnati (dati Ministero dell'Interno), più altri 2.377 minori accompagnati da adulti di riferimento. In aggiunta a questo, bisogna considerare che il numero dei bambini e ragazzi che hanno attraversato il Mediterraneo nel 2016 è aumentato del 76% rispetto all’anno precedente, e il numero di quelli non accompagnati è più che raddoppiato rispetto all’anno precedente.
I minori migranti e le donne sono i soggetti più vulnerabili e in pericolo. Secondo le nostre stime, nel 2017 sono sbarcati in Italia finora oltre 6.500 minori di cui almeno 5.780 non accompagnati.
In base alle percentuali sugli arrivi via mare di quest’anno, inoltre, quasi 1 persona su 4 tra le vittime e i dispersi in mare potrebbe essere una donna o un minore. Il Mediterraneo non può continuare ad essere un immenso cimitero per loro.
Ad ogni modo, è nostro obbligo salvare ogni persona in pericolo in mare. Non possiamo immaginare di poter lasciar morire affogata una persona. Nessun essere umano dovrebbe immaginare una tale scelta.
- Perché salvate i migranti in mare anche se la maggior parte non scappa da una guerra?
Chi tra i migranti non fugge da guerre, fugge altresì da Paesi sconvolti da povertà, carestie o da spietate dittature per cercare una possibile sopravvivenza in Europa. Affrontano tutti un viaggio pericolosissimo, rischiando per ultimo di morire affogati in mare a causa di trafficanti senza scrupoli. Non possiamo voltare lo sguardo di fronte a questa tragedia. Non possiamo lasciarli morire affogati e abbandonati a loro stessi. Ecco perché abbiamo deciso di iniziare questa operazione di ricerca e salvataggio: per salvare il maggior numero di vite umane, a prescindere dal fatto che abbiano diritto ad un asilo politico - una volta arrivati - o meno.
- Non sarebbe meglio aiutare queste persone nei loro Paesi di provenienza anziché finanziare le operazioni in mare?
Pensiamo che sia senz’altro preferibile aiutare i paesi di provenienza dei migranti a svilupparsi per dare ai propri cittadini l’opportunità di un futuro sostenibile nel loro stesso Paese. Questa posizione non è una mera intenzione: siamo impegnati da sempre in questo difficile lavoro e impieghiamo a questo scopo circa l'85% dei nostri fondi destinati ai programmi.
- Save the Children ha mai ricevuto finanziamenti da Soros per le operazioni di ricerca e salvataggio?
Smentiamo con assoluta fermezza che le nostre operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo siano finanziate da George Soros o dalla Open Society Foundation.
Precisiamo, inoltre, che i finanziamenti delle nostre operazioni di ricerca e salvataggio provengono interamente da privati di tutto il mondo sensibili alla causa, e non un solo centesimo deriva da fondi pubblici.
- Perché vi interessate ai migranti, quando ci sono tantissimi minori in condizioni di povertà in Italia?
Tutti i bambini sono prima di tutto bambini con gli stessi diritti, al di là della nazionalità. Se da un lato la nostra operazione di ricerca e salvataggio in mare ha l’obiettivo di fermare la strage di bambini in corso nel Mediterraneo, ciò non vuol dire che non teniamo in considerazione le problematiche dell’infanzia in Italia. Ecco perché abbiamo attivi nel nostro Paese ben 59 progetti su tematiche quali educazione, povertà, protezione, diritti, con cui nel 2016 abbiamo raggiunto più di 100.000 beneficiari.
Leggi anche le parole del nostro Direttore Generale, Valerio Neri, in merito alla nostra posizione sui salvataggi in mare.
* I dati presenti nell'articolo sono aggiornati al 16 maggio 2017.