Sgombero forzato campo Rom di Scampia: abbattiamo i muri del pregiudizio
Carolina ha 19 anni, ed è una delle redattrici junior di UndeRadio, una web radio che attraverso i microfoni dà voce a più di 2.000 ragazzi, studenti e studentesse, italiani e di origine straniera, che vogliono parlare di temi importanti per i giovani come la non discriminazione, il bullismo e cyberbullismo, la povertà affettiva e lo spazio pubblico.
Il progetto UndeRadio coinvolge, dal 2013, 36 scuole secondarie nelle città di Roma, Torino e Napoli, città scelte sia in base alla presenza rilevante di alunni di origine straniera sia in virtù delle conflittualità ivi presenti sui temi dell’integrazione e della non discriminazione.
Carolina è originaria della città del sole, Napoli e per noi ha deciso di scrivere un articolo che racconta lo sgombero forzato di molte famiglie rom che vivevano nel campo di Scampia.
Ore 14:00, domenica 27 agosto.
Terra arsa, automobili bruciate, mura ormai vuote e ciottoli qua e là. Questo è ciò che è rimasto del campo in via Cupa Perillo, Scampia. È da questo fatidico giorno che bisogna partire: da una vettura si sono propagate le fiamme e insieme ad esse tanta paura divagava nel gruppo di nomadi che vivevano in quel campo, adulti e bambini.
Erano anni che i cittadini denunciavano le condizioni disumane di accoglienza della zona, lasciata abbandonata e priva di qualsiasi controllo da parte dell’amministrazione. Una colonna di fumo nero avvolgeva le case, già in condizioni di sicurezza estremamente precarie; l’incendio ha raggiunto un deposito limitrofo dell’Asia, la società responsabile della raccolta rifiuti del Comune di Napoli, distruggendo 23 mezzi e divorando rifiuti, per la maggior parte di plastica. Il fumo ha avvolto tutto il territorio circostante in breve tempo e gli abitanti sono stati costretti a barricarsi nella propria casa per ore intere.
Vigeva sovrana l’incuranza dell’amministrazione nei confronti della situazione igienica, l’indifferenza nei confronti di vite umane, abbandonate al loro destino, senza alcun supporto da parte delle istituzioni.
Da quella colonna di fumo nero il campo rom di Scampia ne è uscito devastato.
Dal giorno 27 agosto dello scorso anno, le famiglie Rom di Scampia hanno dovuto abbandonare Cupa Perillo, dove l’intero insediamento è stato dichiarato inabitabile dall’Arpac e dall’Asl per le gravi condizioni igienico sanitarie e le precarie condizioni di vita dei suoi abitanti.
50 Rom, e poi altri 27, sono stati costretti a spostarsi all’Auditorium. Il programma era quello di proseguire per cerchi concentrici, come detto dall’assessore al Welfare del Comune di Napoli. Roberta Gaeta: i primi ad essere spostati sono stati coloro che vivevano più in prossimità dell’incendio.
Al termine del vecchio anno è stata approvata una delibera di giunta che prevedeva lo stazionamento di 50 mila euro per la realizzazione di interventi a sostegno dell’autonomia e della fuori uscita dai sistemi di accoglienza emergenziali delle famiglie accolte presso l’Auditorium. Più precisamente la delibera stabiliva che, in presenza di determinati requisiti, fosse concesso un contributo di 5.000 euro a famiglia e l’impegno di garantire l’iscrizione e la frequenza dei bambini a scuola per definire un supporto al percorso di integrazione. Contestualmente, lo stesso provvedimento, richiedeva la sottoscrizione della rinuncia personale alla definitiva accoglienza presso l’auditorium.
Ma il punto da sottolineare è questo: nulla viene specificato in merito al destino di quelle famiglie che sono state costrette ad abbandonare il campo rom di Cupa Perillo per le chiare condizioni di invivibilità causate dalla non curanza dell’amministrazione comunale; le stesse famiglie che sono state “accolte” in uno spazio provvisorio quale era l’Auditorium, da un giorno all’altro sono state sfrattate con una delibera piuttosto vaga.
Dicono che quei 5.000 euro siano un sostegno, dicono che lo scopo sia quello di effettuare un percorso di inclusione. Ma nel concreto cosa è stato fatto? Nel concreto, quali sono i diritti tutelati dalla nostra amministrazione? Le famiglie rom si trovano in balìa del vento, abbandonate a se stesse ad affrontare delle difficoltà insormontabili: con la mancanza di documenti di riconoscimento regolari, come pensano di garantire l’accesso al mercato delle abitazioni? Dove andranno mamme, papà e bambini se non potranno regolarmente affittare un locale di appoggio? E senza un tetto sulla testa, come pensano che possa essere garantita la frequenza, e ancor prima l’iscrizione, dei bambini ad una scuola? Che prospettive di vita hanno queste 47 famiglie, al centro di un vortice che non lascia intravedere alcuna luce? Domande probabilmente senza risposta, queste; incertezza assoluta dei mesi in avvenire, data la chiara indifferenza nei confronti del loro futuro.
Lo sgombero delle 47 famiglie che vivevano nell’auditorium da otto mesi è avvenuto senza la minima preoccupazione del luogo in cui andranno a stare nei prossimi tempi. I bambini che avevano cominciato a frequentare la scuola probabilmente saranno costretti ad abbandonare la città di Scampia e con essa, probabilmente, anche l’istituto scolastico.
Sono tutti bravi a predicare, tutti bravi a giudicare. Guardare con disprezzo è chiaramente più facile di provare a comprendere, compatire ed immedesimarsi in una di quelle famiglie, che dall’oggi al domani non hanno più un posto dove stare, né alcun tipo di garanzia sul loro futuro e soprattutto su quello dei propri figli. Il grado di pregiudizio verso la popolazione rom da parte dei cittadini cresce giorno dopo giorno, ma nessuno riesce a pensare a come sia vivere in sospeso, senza conoscere la fine che gli spetta. In una fase di emergenza così evidente hanno creduto di potersi liberare di queste famiglie tramite un mero compenso in denaro: i soldi non sono sufficienti, non bastano per abbattere i muri del pregiudizio, non bastano per conquistare l’integrazione, non bastano per garantire un’infanzia serena ad un bambino. Serve molto di più.