Cultura della performance e relazioni di apprendimento

Miguel Contreras/Save the Children

Una ragazza legge un libro davanti a una libreria

Recentemente si sente molto parlare di “cultura della performance”, ma cosa si intende esattamente? Iniziamo dal principio, spiegando che per cultura si intende quel modo di costruire relazioni e contesti, avendo a mente - in maniera più o meno esplicita - modelli di riferimento che orientano la convivenza. Vogliamo provare a capire in che modo, senza volerlo, possiamo rimandare dei segnali ai minori di cui ci occupiamo (da genitori, da educatori, insegnanti, adulti di riferimento in generale).

Cosa si intende per “cultura della performance”

Quella su cui vogliamo accendere i riflettori e dare un piccolo spunto - capendone i risvolti – è, appunto, la “cultura della performance” cioè quel modo di stare nelle relazioni sociali che vede tutto come una prestazione. Un’espressione tipica di questo modo di vivere è “stare sul pezzo”, cioè quell’ invito ad essere performanti, appunto, dove performante è sinonimo di buono e approvato. Questa cultura, il più delle volte, è legata alla visione “individualista” in cui meriti e sforzi vengono perseguiti da individui soli. Vediamo questo mondo da prestazione individuale ovunque, è diventato una lente tramite cui pensare e valutare quello che succede e quelli che stanno attorno a noi: non si applica solo a situazioni e circostanze (per esempio nel raggiungere un obiettivo lavorativo), ma diventa metro di misura anche per le persone in sé: il valore è espresso in valutazione. Fermiamoci a pensare: riusciamo ad immaginare un ambito della nostra vita dove non si applichi? E quando parliamo di “merito”, non ci viene forse in mente un individuo che, coi propri sforzi, riesca ad ottenere una buona valutazione, a seguito di una buona performance? Ci verrebbe forse da chiederci dove sia il problema, perché ci sembra utile la proposta di fermarci a pensare. Ebbene, come adulti di riferimento entro comunità e gruppi sociali, possiamo vedere le implicazioni di questo modello per come questo venga vissuto e impatti sui giovani e giovanissimi.

L’ansia da prestazione nei modelli di apprendimento

Un esempio concreto dell’influenza che può avere questo approccio si ritrova nei meccanismi dell’apprendimento. È ormai chiaro che ogni tipo di apprendimento prende forma dentro le relazioni: è molto importante tenere a mente il profondo legame tra il benessere emotivo e educativo dei minori e la loro capacità di imparare. Sempre più spesso nella relazione di apprendimento possiamo trovarci davanti a bambine e bambini che ci parlano di “ansia da prestazione”: ovvero di quella dolorosa emozione di paura di essere giudicati, della paura di commettere errori e di conseguenza di valere poco. Questo meccanismo riguarda il rapporto con la cultura scolastica ma anche con le proprie aspettative o quelle degli altri (genitori, insegnanti, compagni). Ma quelle emozioni non sono così estranee, possiamo intercettarle anche in noi adulti, ed è prezioso. Partire da noi, ci aiuta a cogliere quello di cui i minori ci parlano. Sapere di essere imbevuti di questa cultura ci rende più consapevoli e può darci modo di pensarla e sospenderla.

Chiediamoci: partecipiamo anche noi a questo meccanismo quando abbiamo a che fare con un minore che sta imparando? Che valore attribuiamo a quel voto? L’aspettativa verso noi stessi, in quanto adulti, nel sostenere l’educazione di un minore è magari quella di mostrarsi come persone che sanno tutto. Involontariamente, potremmo passare il messaggio ai bambini che quello sia il modo corretto di apprendere: si ha valore quando si è performanti e il voto diventa capace di definire la mia identità. Concentrarsi sulla “cosa giusta” da dire e togliere valore alla comprensione di quello che succede nella relazione, ci protegge. Ma che messaggio stiamo passando? Se noi per primi riusciamo a sviluppare la capacità di tollerare il non sapere e di non avere risposte, possiamo veicolare un tipo di relazione diversa, dove poter sentire insieme al minore, tollerare le cose che non si conoscono senza perdere valore. Questo non solo è possibile ma è la base di un rapporto più sereno con la scuola. Per capire il rapporto tra scuola e bambini, ci serve comprendere anche che tipo di contesto è la scuola e quali emozioni vivono i bambini rispetto ad essa: il mondo scolastico è spesso basato sugli adempimenti, sul voto, sulla performance individuale e sull’obbligo. La cultura contemporanea, cui tutti partecipiamo, è basata sugli stessi valori, e sugli stessi meccanismi: essere performanti e avere dei livelli alti di prestazione ci riguarda tutti anche come adulti. Le emozioni legate all’attività di studiare insieme possano trovare accoglienza e spazio per essere vissute e dette, senza essere corrette. Quando parliamo di empatia ci riferiamo alla competenza di lasciare spazio alle emozioni vere, senza giudicarle. Possiamo imparare insieme a costruire le risposte, sostituendo all’ansia da voto e all’obbligo, l’interesse a imparare. Possiamo costruire alternative: partire dal ruolo educativo per creare un apprendimento inclusivo basato su una relazione empatica, in cui si impara a fare insieme.

Chi ha letto questo articolo ha visitato anche