Dal 2013 ad oggi oltre 15.000 bambini, donne e uomini morti nel Mediterraneo
“Sei anni fa, di fronte alle centinaia di corpi delle vittime del tragico naufragio del 3 ottobre 2013 a Lampedusa, l’Europa aveva detto “Mai più”, ma dal 2013 ad oggi oltre 15.000 persone tra cui tantissimi bambini e adolescenti, hanno perso la vita o risultano dispersi tentando di attraversare il Mediterraneo Centrale.
Negli anni l’Europa ha progressivamente rinunciato alle operazioni di ricerca e soccorso, scegliendo di proteggere i confini e non le persone, mentre l’impegno per il salvataggio in mare è stato scoraggiato.” ha dichiarato Raffaela Milano, nostra Direttrice Programmi Italia-Europa.
“Il recente summit di Malta potrà rappresentare il primo passo per l’avvio di un’azione europea condivisa a condizione che il Consiglio europeo Giustizia e Affari Interni, previsto per il 7 e 8 ottobre, impegni concretamente i Paesi membri nel garantire il pieno rispetto del diritto internazionale, riconoscendo - anche alla luce dell’allarme crescente delle Nazioni Unite - che la Libia versa oggi in una terribile situazione di fragilità e instabilità e non può essere considerata in alcun modo come un porto sicuro”.
“È insopportabile continuare ad essere testimoni delle morti in mare. È fondamentale e urgente che l’Europa si impegni stabilmente a garantire vie di accesso sicure dalle aree di crisi o di transito, per evitare così che decine di migliaia di bambini, donne e uomini continuino ad essere costrette a ricorrere ai trafficanti, subendo ogni tipo di violenza e mettendo a rischio la propria vita.
Siamo impegnati in Italia dal 2008 in attività e interventi di sostegno e assistenza dei minori stranieri soli in arrivo via mare – poco meno di 1000 nel 2019, pari al 13% del totale dei migranti sbarcati - ha partecipato agli eventi organizzati dal Comitato 3 Ottobre in questi giorni con la conduzione di alcuni laboratori partecipati per gli studenti presenti da tutta Europa sull’Isola, incentrati sull’immedesimazione reciproca, la condivisione e l’integrazione tra adolescenti coetanei.
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