Gaza: donne incinte si auto-inducono il travaglio per non partorire in fuga

Sacha Myers / Save the Children

Nove mesi di conflitto a Gaza hanno costretto a far partorire molte donne in condizioni traumatiche, non igieniche e non dignitose, senza avere accesso ai servizi di base. Altre donne hanno paura di chiedere cure prenatali vitali per timore di bombardamenti e altre ancora hanno perso la vita a causa della mancanza di accesso ai servizi sanitari.

Mentre alcune compiono delle scelte drastiche. A Gaza alcune donne si auto-inducono il travaglio per evitare di partorire durante la fuga, e per paura di perdere il bambino durante gli spostamenti forzati.

Gaza, le difficoltà delle donne incinte 

Il conflitto a Gaza dura ormai da 9 mesi. In questo periodo terribile si stima che siano nati 50 mila bambini e bambine. Gaza oggi non è un luogo adatto alla nascita di un bambino. Le donne si trovano ad affrontare sfide significative durante tutta la gravidanza, tra cui la mancanza di cibo e di acqua potabile, i frequenti spostamenti, il trauma della perdita di persone care e la paura di ferirsi o di morire.

Ogni donna incinta in questi 9 mesi ha conosciuto solo paura, traumi, sfollamento. Ogni madre che ha partorito lo ha fatto senza il supporto di cui tutte le donne hanno bisogno per partorire in sicurezza. E ogni bambino nato, che riesce a sopravvivere, avrà conosciuto solo la guerra. 
Il sistema sanitario a Gaza è decimato e continuano le restrizioni al lavoro delle agenzie umanitarie. In questo modo le donne incinte e le neomamme non riescono ad avere accesso ai requisiti sanitari e nutrizionali di base previsti dagli standard internazionali.

Tutto questo non causa solo danni mentali e fisici a molte madri e ai loro bambini, ma alcune donne si trovano davanti all’unica scelta di ricorrere a misure estreme per cercare di proteggere i loro figli non ancora nati: quello di auto-indursi il travaglio per non partire in fuga.

Donne incinte a gaza: paure, privazioni e scelte estreme

Da maggio, il nostro personale assiste donne incinte, neonati e famiglie presso il centro di assistenza sanitaria primaria di Deir Al-Balah, nel centro di Gaza, e riferisce di condizioni terribili per le partorienti e per i neonati che lottano per sopravvivere nelle prime settimane di vita. Le parole di Sharifa Khan, l’ostetrica dell'Unità sanitaria di emergenza di Save the Children ci rappresentano una situazione terribile:

"Abbiamo visto come lo stress e la sofferenza continui si ripercuotano sulle donne. Alcune hanno fatto scelte drastiche come l'autoinduzione del travaglio con l'uso di farmaci per paura di perdere il bambino in caso di fuga. Una donna è stata portata d'urgenza al nostro reparto maternità con gravi complicazioni ostetriche dopo aver assunto autonomamente farmaci prima del termine, che le hanno causato una dilatazione eccessiva dell'utero e la sua rottura, con conseguenti gravi emorragie. L'équipe di sanitari è stata in grado di gestire la situazione, ma se la madre avesse tardato di pochi minuti a raggiungere l'unità di maternità, il bambino avrebbe potuto perdere la vita o nascere con disabilità. Anche la donna avrebbe rischiato di morire.” 

Una madre ci ha riferito di non aver mangiato carne per cinque mesi di gravidanza e di aver perso peso negli ultimi mesi prima del parto. Inoltre, i blackout elettrici comportano rischi estremi per i neonati gravemente malati, compresi quelli in incubatrice. Raghda, medico di ostetricia e ginecologia, che ha lavorato per Save the Children nel mese di aprile ci racconta una situazione vissuta in questi mesi: "Mi hanno detto che c'era una paziente incinta, l'ho visitata subito e ho visto che era quasi al termine. Quando è stata portata in ospedale, aveva il battito del cuore debole. Due minuti prima del mio arrivo, aveva avuto un infarto. Abbiamo deciso di fare un cesareo per cercare di salvare il bambino e la madre. Avevo solo guanti, una salvietta antisettica e un coltello. La bambina era una femmina ed era di circa 33 settimane. La madre era un'infermiera e lavorava all'ospedale di Al Shifa. L'intestino era fuori dal corpo e l'addome era pieno di sangue. Non è sopravvissuta".


Il nostro intervento

Chiediamo il cessate il fuoco immediato e definitivo e la fine delle gravi e incessanti violazioni dei diritti dei bambini.

Forniamo servizi essenziali e sostegno ai bambini palestinesi dal 1953 e attualmente lavoriamo 24 ore su 24 per fornire assistenza alle famiglie di Gaza. Stiamo mettendo in atto programmi sanitari e nutrizionali a Gaza, tra cui la fornitura di cure materne e neonatali, il sostegno al parto, la formazione di operatori sanitari, lo screening di bambini e adulti per la malnutrizione e il sostegno alle madri per l'alimentazione di neonati e bambini piccoli in situazioni di emergenza.

Tuttavia, il governo di Israele deve creare le condizioni di base per raggiungere le famiglie, togliendo l'assedio e facilitando l'accesso umanitario senza ostacoli nella Striscia di Gaza, e tutte le parti devono cessare le ostilità.

Per approfondire, leggi il comunicato stampa. 

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