Siria: una tregua troppo breve

Aggiornamento delle ore 17:15

Il cessate il fuoco di cinque ore al giorno proposto dal presidente russo nell’enclave assediata del Ghouta orientale è andato in fumo già il primo giorno, con colpi di artiglieria e attacchi aerei che sono stati riportati tra le 9 e le 14 odierne in molte zone, tra cui Harasta e Douma, e che hanno causato numerose vittime tra i civili. A causa dei bombardamenti intensi – con 32 attacchi aerei registrati tra le 12 e le 14 - abbiamo dovuto sospendere la distribuzione di aiuti umanitari programmate per questa mattina.

Nonostante lo scorso fine settimana il Consiglio di Sicurezza abbia adottato la risoluzione per il cessate il fuoco di 30 giorni, i partner locali della nostra organizzazione confermano che i bombardamenti non sono cessati e molte persone hanno perso la vita, tra cui un'intera famiglia composta da 10 persone.

Migliaia di famiglie restano ancora rintanate nei seminterrati e le persone, a causa degli attacchi, non riescono neanche a dare sepoltura ai loro cari. 350.000 civili sono intrappolati nell’area del Ghouta orientale. L’assedio nella zona, in corso ormai da quasi cinque anni, persiste e negli ultimi mesi si è ulteriormente irrigidito, con le scorte alimentari che si stanno pericolosamente esaurendo.

Secondo operatori umanitari locali, 4.100 famiglie vivono attualmente in una rete di scantinati e rifugi sotterranei, di cui più della metà è priva di acqua, servizi igienici e sistemi di ventilazione, che espongono in particolare i bambini al rischio di contrarre malattie. Le donne, inoltre, sono costrette a partorire in condizioni terribili, dando alla luce i propri figli in rifugi bui e sovraffollati.

Ahmed* è un ragazzo che da quattro giorni e mezzo, a causa dei bombardamenti intensi, vive rintanato in un rifugio di fortuna. “Non possiamo più andare a scuola, la nostra scuola è stata bombardata e il nostro insegnante è stato ucciso. Non abbiamo da mangiare e non possiamo uscire, i negozi sono chiusi e gli aerei continuano a bombardare”, racconta.
 
Sua sorella maggiore, Mona*, di recente è stata ferita. "Sono rimasta un mese in ospedale e non potevo andarmene. Qui non c'è cibo né acqua, e io non mi sento ancora bene, ho le ossa che mi fanno male", è la testimonianza di Mona.

“Sono infatti necessarie azioni più efficaci come quelle approvate all’unanimità lo scorso weekend dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu, tra cui un cessate il fuoco per almeno 30 giorni e la possibilità di distribuire aiuti umanitari e condurre evacuazioni mediche.” ha dichiarato Sonia Khush, direttrice della risposta di Save the Children in Siria.

Per saperne di più leggi il comunicato stampa

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