Studenti sull’orlo di una crisi d’ansia: 5 consigli pratici per gli insegnanti
L’Atlante sull’Infanzia (a rischio) 2017 “Lettera alla scuola” riporta i dati del nuovo rapporto PISA, il Programma di valutazione degli studenti quindicenni condotto dall’OCSE. L’indagine fornisce dati su indicatori relativi al benessere scolastico degli studenti, sia rispetto a fattori negativi come l’ansia, sia rispetto a quelli positivi come interesse e motivazione.
Nell’indice sintetico dell’ansia scolastica sviluppato dall’OCSE, a partire da sei indicatori, l’Italia si trova al primo posto: il 56% dei ragazzi e delle ragazze dichiara di sentirsi nervoso quando si prepara per un test, il 70% racconta di essere molto in ansia per le verifiche anche se si è preparato adeguatamente e l’85% ha paura di prendere brutti voti. La ricerca evidenzia come i ragazzi soffrano di ansia e di stress scolastico, quando invece la scuola dovrebbe rappresentare uno spazio di crescita e di confronto e non di paura e di giudizio.
Promuovere il benessere scolastico di studenti e docenti è uno dei principali obiettivi di Fuoriclasse in Movimento, rete di 150 scuole in tutta Italia che contrastano la dispersione e realizzano azioni di cambiamento ispirate a tre valori: protagonismo degli studenti, didattica inclusiva e valorizzazione della comunità educante. Tra le varie attività, le scuole del Movimento svolgono i Consigli fuoriclasse, spazi di dialogo tra rappresentanze di studenti e docenti con l’obiettivo di individuare soluzioni condivise per il miglioramento della scuola su quattro assi: didattica, relazioni, struttura e territorio.
“Nella mia scuola c’è sollievo quando suona la campanella”
Nell’indagine promossa dall’OCSE i ragazzi parlano di blocchi emotivi, mal di testa, mal di pancia, tachicardia, tremori, nodi alla gola, perché sperimentano alti livelli di preoccupazione e di stress legati soprattutto al rendimento scolastico. Nello specifico, gli studenti temono maggiormente le interrogazioni perché a volte, già a partire dalla scuola primaria, sono poco abituati a parlare davanti agli altri, sono poche le interazioni con gli insegnanti e viene data una scarsa attenzione al confronto orale.
C’è da dire che gli studenti non riescono sempre a considerare l’interrogazione come parte del processo di crescita e apprendimento. I voti non vengono vissuti come un giudizio sul lavoro fatto e spesso si trasformano in giudizi severissimi contro il ragazzo, capaci di mettere in discussione la sua autostima e le sue capacità personali, generando imbarazzo di fronte ai compagni e ai professori. Tuttavia, la paura di andare male deriva dal fatto che i ragazzi hanno anche un forte bisogno di sentirsi riconosciuti e considerati da genitori e insegnanti e, tendenzialmente però, vengono “visti” solo quando non creano problemi e vanno bene a scuola.
I risultati PISA mostrano come a volte il comportamento e la comunicazione dei docenti in classe siano associati con i livelli di ansia degli studenti: questi ultimi hanno meno probabilità di essere ansiosi quando gli insegnanti adattano il contenuto delle lezioni ai bisogni e alle conoscenze della classe e si dimostrano disponibili ad aiutare gli alunni individualmente in situazioni di difficoltà. Al contrario, relazioni insoddisfacenti tra docenti e studenti minano l’autostima e conducono a grandi stati d’ansia.
Gli studenti entrano nella scuola con una personalità già formata: tuttavia, le esperienze che vivranno durante il percorso scolastico, sia rispetto al loro ruolo che alla capacità di entrare in relazione con gli altri, contribuiranno ad arricchirla e modificarla. Condizione indispensabile a creare un clima sereno e favorire il benessere degli studenti è che i docenti li sostengano e li aiutino a sviluppare una buona comprensione dei loro punti di forza e debolezza, rispondendo ai loro bisogni psicologici e sociali.
Proviamo a suggerire alcuni spunti che possono essere utili agli insegnanti per incoraggiare una comunicazione efficace, promuovendo la percezione degli studenti di essere sostenuti e non giudicati.
- L’utilizzo di messaggi in prima persona per comunicare i propri sentimenti (“Io sento”, “Io provo”). È una tecnica che permette ai ragazzi di entrare in contatto con i vissuti personali dell’insegnante. Lo studente sentirà che il docente sta comunicando il suo stato d’animo con autenticità e non assumerà un atteggiamento di difesa.
- Non giudizio e accettazione del pensiero altrui. Non è necessario che le idee di chi parla e di chi ascolta siano convergenti e non è opportuno fare dei tentativi perché vengano modificate. Ciò che conta è dare dignità a ogni verità, anche la più soggettiva.
- L’uso di tecniche di rispecchiamento empatico. Consistono in una serie ampia di interventi che non interpretano le parole dette dall’altro, ma come veri e propri specchi, riflettono quanto detto senza modificarne la costruzione del discorso o il contenuto emotivo espresso. Ad esempio “mi stai dicendo che…”, “se ho ben capito ti sei sentito/a…”, utilizzando poi le stesse parole dell’interlocutore.
- Utilizzo di segnali di contatto. Questi segnali sono fatti per lo più di sguardi benevoli, sorrisi, cenni di assenso con il capo o con il viso. Sono importanti poiché indicano una presenza incoraggiante e rassicurante, specialmente nei momenti di esitazione e incertezza, senza entrare nel merito dei contenuti della comunicazione.
- Concedersi un tempo relazionale. Dedicare i primi minuti della giornata alle confidenze dei ragazzi e delle ragazze, uno spazio dove ciascuno può esprimere i suoi vissuti per creare un clima positivo, di fiducia, dove sentirsi accolti e valorizzati.
Gli insegnanti si preoccupano di stabilire relazioni positive con i propri alunni, ma non tutti hanno gli strumenti per gestire le difficoltà degli studenti e dell’ambiente scolastico. Sarebbe utile investire maggiormente nella formazione dei docenti rispetto alle competenze emotivo-relazionali, oltre a quelle culturali e didattiche, affinché il suono della campanella non sia il momento più atteso del tempo trascorso a scuola.