Testimonianza da Lampedusa: “quei bagagli pieni di sofferenza”
“Al porto i bimbi molto piccoli, che hanno sempre grande vitalità, gattonano e si muovono, mentre invece colpisce vedere come i più grandicelli di 8-10 anni si mettono a fissare la distesa di barchini davanti al molo, in silenzio e immersi nei loro pensieri”.
Visto da vicino: una testimonianza da Lampedusa
Silvia, nostra operatrice legale, ha trascorso buona parte di questa calda estate sui moli di Lampedusa, dove si è alternata con i colleghi del team di protezione per accogliere all’arrivo i tanti minori giunti con i vari sbarchi.
Insieme a lei opera un mediatore culturale e l’obiettivo di entrambi è garantire un supporto immediato ai migranti che arrivano sull’isola, con un’attenzione particolare ai minori che spesso arrivano soli, spaventati e hanno bisogno di aiuto. 640 i minori soli che hanno ricevuto assistenza e aiuto nel periodo tra luglio e agosto.
“Quello che mi ha colpito di più in questi ultimi due mesi trascorsi a Lampedusa è che sembra essere tornati indietro nel tempo, per le modalità degli arrivi, per gli avvisi incessanti degli sbarchi all’ultimo minuto a ogni ora del giorno e della notte, per le conseguenti corse continue, per i tanti barchini che abbiamo visto approdare direttamente sulle coste. E per i grandi barconi, stipati all’inverosimile, con quasi 400 persone a bordo, che hanno fatto di nuovo la loro comparsa e riportato alla mente immagini dolorose di tremendi naufragi. Per non parlare del numero dei minori. Dal 22 luglio fino a oggi stimiamo siano sbarcati sull’isola quasi 650 adolescenti soli, oltre a diversi nuclei familiari.” Continua Silvia.
“Sono bambini che hanno visto morire i loro compagni di viaggio”
Tra il 22 luglio e il 26 agosto il team è stato presente alle operazioni di sbarco in 139 occasioni, fornendo informazioni di base sul luogo di arrivo e sulle procedure applicabili e individuando casi particolarmente vulnerabili; in questo periodo nonostante le oggettive difficoltà dovute all’osservanza dei protocolli sanitari il team ha individuato e riferito agli stakeholders di riferimento 17 casi vulnerabili, principalmente di donne in stato di gravidanza, e persone con vulnerabilità fisiche e psicofisiche.
“Tra le provenienze principali c’è la Tunisia, alcuni erano adolescenti anche molto giovani, sotto i 14 anni, e nuclei familiari. Sono arrivati per lo più ragazzi, ma seppur in numero minore, pure ragazze, soprattutto dall’Africa Occidentale e giovani donne dal Corno d’Africa, alcune delle quali incinta per le violenze subite. Quello che risulta più doloroso è sempre l’arrivo dei superstiti dei naufragi. Di recente c’è stato un evento, che ha visto tra i sopravvissuti anche due ragazzini di poco più di 10 anni, che hanno visto morire i loro compagni di viaggio. Così piccoli e già con un bagaglio di sofferenze più grande di loro”. Racconta Silvia.
In 5 anni 700 bambini hanno perso la vita in mare
A cinque anni dalla morte al largo delle coste turche del piccolo Alan Kurdi, diventato un tragico simbolo della 'crisi dei rifugiati', oltre 700 bambini, tra cui neonati, hanno perso la vita in mare nel tentativo di raggiungere l’Europa. Dall’inizio dell’anno oltre 2.500 bambini e adolescenti senza alcuna figura adulta di riferimento sono arrivati in Italia, la maggior parte dei quali proprio a Lampedusa, primo approdo di chi fugge da conflitti, violenze, povertà, dove hanno trovato i nostri team, che nonostante l’emergenza sanitaria, sono rimasti al fianco dei minori soli e delle famiglie.
“La maggior parte delle partenze sono per lo più dalla Tunisia. Ma ci sono stati anche diversi eventi provenienti dalla Libia, alcuni di barconi anche molto grossi, arrivati direttamente in porto, con persone stremate per il lungo viaggio e per le condizioni di permanenza nei centri di detenzione libici. Questa dei grossi barconi è una situazione che desta grande preoccupazione, perché c’è un rischio alto di strage anche all’arrivo, in fase di discesa perché rischiano di capovolgersi e con grosse difficoltà pure nei trasbordi. Abbiamo incontrato pure diversi nuclei familiari - continua Silvia - mi ricordo una famiglia con un bambino con disabilità, che voleva andare in Germania per consentirgli di proseguire le cure, che erano stati costretti a interrompere per mancanza di mezzi. E non sono stati gli unici. Diverse persone che non potevano più accedere alle cure nei loro Paesi sono partite con questo obiettivo e questa speranza. Tra loro, per esempio, un minore con problemi di grave disabilità fisica accompagnato dal papà”.
Neanche il tempo di finire la chiacchierata e arriva un altro avviso di sbarco e di rintraccio. Il team si prepara a incontrare i nuovi arrivati, a fornire le informazioni legali e tutto il supporto necessario, a cogliere eventuali vulnerabilità specifiche, nella consapevolezza che i bambini e gli adolescenti che viaggiano da soli o con la loro famiglia, sono innanzitutto bambini, prima di essere migranti, hanno diritti e bisogni specifici e devono essere garantite loro sicurezza e protezione.