L’importanza dell’educazione emotiva nelle scuole
Rendere l’educazione emotiva una pratica efficace e condivisa all’interno del mondo della scuola potrebbe prevenire fenomeni di discriminazione e bullismo; per questo, proponiamo alle scuole aderenti a Fuoriclasse in Movimento di realizzare laboratori di educazione ai sentimenti.
Dove si imparano i sentimenti?
I sentimenti non sono doti naturali, ma si apprendono culturalmente, nella relazione con l’altro. Siegel (2001) afferma che la mente del bambino è relazionale perché impara ad adattarsi al tipo di comunicazioni emotive che riceve dall’adulto di riferimento, “allineandosi” ad esse ed interiorizzandole.
È proprio la sintonizzazione emotiva tra genitore e figlio nei primi anni di vita che permette al bambino di imparare a modulare le proprie risposte comportamentali ed emotive. L’empatia e la risonanza emotiva permettono di sentire la differenza tra bene e male, tra giusto e sbagliato per andare oltre l’impulso e riuscire a comprendere sé e gli altri.
Il ruolo della scuola
Considerata la precocità di questi processi emotivi e cognitivi, i genitori sono i primi a essere chiamati in causa, ma subito dopo, e in collaborazione con loro, sono gli insegnanti, insieme a tutta la comunità educante, a doversi assumere la responsabilità di guidare i bambini a conoscere e riconoscere il loro mondo emozionale, a imparare ad ascoltarlo e a gestirlo.
La scuola è luogo di apprendimento e di conoscenza: le storie mitologiche e la letteratura possono già insegnare molto sulle vicende umane e sentimentali. La scuola, allo stesso tempo, è anche il luogo in cui si imparano a costruire relazioni perché, come abbiamo visto, è nella relazione che si sviluppano le competenze emotive e cognitive di ogni essere umano e perché è su questo che si fonda la società del futuro.
Si può e si deve credere nel potere dell’educazione emotiva come arma contro l’ostilità, la discriminazione, l’esclusione. È quindi importante che scuole e famiglie si assumano il dovere di curare l’aspetto affettivo dei bambini, stimolando la propensione all’ascolto, all’aiuto reciproco, alla comprensione dei sentimenti, all’accoglienza delle differenze.
Si può, ad esempio, potenziare l’empatia e la competenza emotiva insegnando ai bambini a lavorare in gruppo rispettando le idee di ciascuno, oppure attraverso giochi guidati in cui ci sia la possibilità di prendersi per mano, di fare una carezza al compagno, di abbracciarlo o di stare semplicemente accanto a lui in rispettoso silenzio.
Ogni giorno gli adulti di riferimento devono porre un’attenzione speciale alle parole che si usano con i bambini e i ragazzi, al modo in cui ci si rapporta a loro. Durante un laboratorio in una classe prima della scuola secondaria di primo grado i ragazzi stessi ci avevano illuminato su questo aspetto, che va ad incidere anche sulla motivazione e la percezione del benessere degli studenti: “Vorremmo che gli insegnanti entrassero in classe sorridendo e guardandoci in viso, non già arrabbiati, urlando e con la testa bassa!”
L’approccio di Fuoriclasse in movimento
Gli insegnanti e i dirigenti che hanno aderito alla rete Fuoriclasse in movimento credono che la scuola sia innanzitutto una comunità educante dove il giudizio si trasforma in ascolto e accoglienza e dove i saperi acquisiti si condividono.
Si cresce tutti, nella scuola Fuoriclasse, perché ogni vita, con il suo bagaglio di esperienze, è materia di scambio. È una scuola che include, ascolta, accompagna, costruisce.
È una scuola che educa.
Una delle azioni che si portano avanti è: “Realizzi laboratori diffusi di educazione sentimentale prevedendo la realizzazione di un prodotto comunicativo finale, per prevenire ogni forma di discriminazione e bullismo a scuola”.
Fare scuola significa soprattutto ascoltare, amare, educare al rispetto di sé e degli altri e accompagnare il bambino alla conoscenza di se stesso e del mondo, dandogli gli strumenti per affrontare il futuro.