Educare alla parità di genere attraverso la lettura
Stimolare i desideri dei bambini e delle bambine, educare alla parità di genere, al rispetto e alla libertà di poter essere ciò che si sceglie. È importante iniziare già dal nido e dalla scuola dell’infanzia, per dimostrare come una consapevolezza e un approccio educativo possano creare un cambiamento nell’ambito tanto dibattuto e delicato degli stereotipi di genere.
Approfondiamo l’argomento grazie al contributo di Alessandra Notarbartolo, coordinatrice per l’associazione Zen Insieme, del nostro Spazio Mamme, a Palermo.
STEREOTIPi DI GENERE: Cosa sono?
Per iniziare, facciamo chiarezza sui termini e comprendiamo cosa significa la parola "stereotipo": “uno stereotipo è un modello convenzionale, un’opinione precostruita, generalizzata e semplicistica che non si fonda sulla complessità del reale, ma che si ripete in forma meccanica. Questi preconcetti creati da immagini mentali sono prodotti da chiunque e aiutano a fare un’astrazione, una semplificazione di una realtà che ci appare troppo complessa” (Minoli).
Anche per gli stereotipi di genere è determinante la relazione sociale, si costruiscono nel nucleo familiare e successivamente nell’ambito educativo che coincide con il primo confronto che il bambino e la bambina hanno con la società nella quale vivono. Il bagaglio etico e interculturale di un bambino e di una bambina, come di un adulto, è prodotto dall’educazione ricevuta, dagli stimoli interiorizzati dalla società.
Quali sono i rischi degli stereotipi di genere?
Il rischio degli stereotipi di genere è di definire rigidamente i bambini e le bambine in gusti, propensioni, ruoli e attività in base al loro genere di appartenenza. Si viene a creare così una visione del mondo limitata, che altera la percezione del reale e blocca l’immaginazione.
I bambini e le bambine sono esposti/e inconsapevolmente ad aspetti socio-culturali legati al sesso di appartenenza e tendenzialmente i genitori e le figure di riferimento trasmettono modelli tradizionali di genere, senza offrire strumenti critici per vivere la complessità della società. Nell’evoluzione cognitiva ed emotiva di un bambino e di una bambina, infatti, gli stereotipi di genere possono avere delle ripercussioni nella vita adulta, come ad esempio nella scelta in ambito lavorativo e a livello di gestione emotiva e relazionale.
Gli stereotipi di genere nelle fiabe
“Quasi sempre nei testi scolastici e nelle storie per l’infanzia in generale la figura femminile tende a essere subordinata a quella maschile, che nella maggior parte dei casi ricopre il ruolo di protagonista. Le ragazze/donne, e di conseguenza le bambine che si identificano in esse, vengono rappresentate come dedite al lavoro domestico, alla cura e in posizioni inadatte al comando.
Il personaggio maschile, invece, predomina e si trova come protagonista nella maggior parte delle storie. Le sue caratteristiche sono stereotipate come quelle femminili. Viene presentatala figura maschile come forte, coraggiosa, sicura, che non prova o esprime emozioni o che lascia intravvedere le sue paure. Nelle fiabe questa figura corrisponde a quella del cavaliere o del principe, che ha un ruolo decisivo nello svolgimento della trama, ed è colui che combatte il nemico e salva la figura femminile. Queste figure stereotipate non permettono, al bambino, come alla bambina, di identificarsi.” (Elena Fierli)
15 Libri per bambini sulla parità di genere e stereotipi
Per fortuna si può trovare una varietà di libri illustrati che provano a scardinare preconcetti limitanti e che educano oltre gli stereotipi, annullandoli e fornendo ai bambini e alle bambine nuovi modelli che rispecchiano la complessità della realtà ed il loro diritto ad essere e diventare ciò che sceglieranno.
Ecco alcuni consigli di lettura 0-5 anni per educare alla parità di genere:
- Helene Druvert - “Così come sono” – Ed.Panini (stereotipi di genere)
- Christian Robinson – “Tu sei importante” - Ed.Gallucci (rinforzo positivo, rappresentazione inclusiva)
- Rosie Haine – “La nudità che male fa?” - Settenove (consapevolezza dei propri corpi)
- Pauline Oud – “Sì&no si può fare” - Clavis (consenso)
- Smith/Laird/Fox – “Stramba” - Mondadori (non conformarsi agli standard)
- Jessica Love – “Julian è una sirena” - Panini (essere se stessi/ stereotipi di genere)
- Jessica Love – “Julian al matrimonio” - Panini (stereotipi di genere/ famiglie arcobaleno)
- Vegna/Tolke – “Il bosco in casa” - Settenove (famiglie arcobaleno)
- Zidrou – “Mamma Robot” - Edizioni Clichy (stereotipi di genere)
- Escoffier/Garrigue – “Principessa Kevin” – Ed. Clichy (stereotipi di genere)
- Caroline Dall'Ava – “Chi sono?” - Terre di mezzo (stereotipi sui ruoli)
- Silvia Vecchini – “Il mio primo libro femminista” - Sonda (il femminismo spiegato ai più piccoli e alle più piccole)
- E. Fierli, G. Franchi, G. Lancia, S. Marini – “Leggere senza stereotipi” - Ed.Settenove,
- I. Biemmi, I. Urbinati – “Sono una selvaggia” - Erickson (libertà di essere ciò che si vuole)
- Zolotov/Delacroix – “Una bambola per Alberto” - Sottosopra (stereotipi nei giocattoli)
La lettura come strumento per promuovere la parità di genere
Ma i libri possono anche rappresentare un’arma contro gli stereotipi di genere. È importante utilizzare strumenti educativi alternativi adeguati alla trasmissione di questi concetti ai bambini ed alle bambine da 0 a 5 anni. Ad esempio, il libro illustrato, che fornisce molteplici spunti didattici, di facile comprensione ed è utilissimo per offrire risposte ai bambini e alle bambine e per metterli nella condizione di ragionare e riflettere sulle questioni suscitate dalle storie.
Intervenire attraverso la pratica della lettura ad alta voce dei libri illustrati anche sulla formazione delle educatrici e delle/degli insegnanti nei percorsi educativi sulla parità di genere, in modalità learning by doing, è altrettanto fondamentale. Il modello didattico e culturale che viene quotidianamente usato nelle classi è il primo approccio, iniziando proprio con il linguaggio, che deve essere assolutamente inclusivo del femminile. “Ciò che non viene nominato non esiste” diceva la linguista Cecilia Robustelli, ed è proprio così. Nominare sempre anche il femminile significa riconoscere l’esistenza delle bambine, sostenere in loro la consapevolezza di essere importanti tanto quanto i loro compagni, aiutandole a mantenere questa consapevolezza durante la crescita, in termini di autodeterminazione, libertà e rispetto.