Nel mondo 1 bambino su 5 vive in zone di guerra
Il virus dell’indifferenza diffuso tra i leader mondiali sta distruggendo intere generazioni di bambini costretti a vivere in guerra, in conflitti che diventano sempre più intensi e pericolosi per loro. Dal 2010 le gravi violazioni che hanno colpito i bambini sono aumentate del 170%, con maggiori probabilità per i bambini di essere uccisi o mutilati, reclutati, rapiti, abusati sessualmente, di vedere le loro scuole attaccate o di essere lasciati senza aiuti. Intere generazioni che rischiano di perdersi: 415 milioni di bambini in tutto il mondo - uno su cinque - vivono in aree colpite da conflitti, tra questi 149 milioni sono in zone di guerra ad alta intensità di violenze.
I paesi più pericolosi per i bambini
Il maggior numero di bambini che vive in zone di conflitto è in Africa (170 milioni), mentre in Medio Oriente si registra la densità più alta (un bambino su tre). Afghanistan, Iraq, Mali, Nigeria, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo (DRC), Somalia, Sud Sudan, Siria e Yemen restano i dieci paesi in cui si sono verificate il maggior numero di violazioni gravi sui bambini.
La Siria è particolarmente pericolosa: il 99% dei bambini vive in zone esposte al conflitto con un altissimo numero di gravi violazioni. Il conflitto sta peggiorando anche per i bambini che vivono in Afghanistan, Somalia e Nigeria, che rispettivamente hanno il maggior numero di uccisioni e mutilazioni, violenze sessuali, reclutamento e uso di bambini da parte di forze armate o gruppi armati.
A Monaco una conferenza dei leader mondiali
Sono questi alcuni dei dati contenuti nel nostro nuovo report “Stop the war on Children – Gender matters”.
Il rapporto, lanciato nell’ambito della campagna “Stop alla guerra sui bambini”, in vista della Conferenza di Monaco, dove i leader mondiali si riuniranno per discutere questioni di sicurezza internazionale, sottolinea come le sei gravi violazioni contro i bambini in conflitto abbiano un impatto diverso su ragazzi e ragazze.
Almeno 12.125 bambini sono stati uccisi o feriti dalla violenza legata ai conflitti nel solo 2018, un aumento del 13% rispetto al totale riportato l'anno precedente, con l'Afghanistan che risulta il paese più pericoloso. Anche il numero di attacchi segnalati a scuole e ospedali è salito a 1.892, con un aumento del 32% rispetto all'anno precedente.
Tra il 2005 e la fine del 2018, risultano 20.000 casi verificati di violenza sessuale contro i minori. Si ritiene che questo numero sia solo la punta dell'iceberg perché la violenza sessuale è enormemente sottostimata a causa delle barriere sociali e dello stigma associato, nonostante venga spesso utilizzata come tattica di guerra.
Le gravi violazioni e le differenze di genere
Le gravi violazioni impattano in maniera molto differente tra ragazzi e ragazze: ad esempio i ragazzi hanno più probabilità di essere esposti a uccisioni e mutilazioni, rapimenti e reclutamento, mentre le ragazze corrono un rischio molto più elevato di violenza sessuale e di altro genere, incluso il matrimonio precoce e forzato.
Di tutti i casi accertati di omicidi e mutilazioni, il 44% erano ragazzi, il 17% erano ragazze. Spesso sono gli archetipi culturali a determinare i rischi corsi da ragazze e ragazzi in conflitto: la maggiore libertà dei maschi, ad esempio li rende potenzialmente più a rischio di venire uccisi o mutilati a causa di ordigni inesplosi o di cecchini che li reputano un pericolo. Al contrario le ragazze, che sono più chiuse nei loro luoghi familiari, sono più esposte a violenze sessuali, sfruttamento e matrimoni precoci o forzati.
I ragazzi sono anche più vulnerabili al reclutamento da parte di forze armate o gruppi armati. Se le stime sui minori arruolati per combattere parlano di un esercito di circa 300.000 bambini, dal report emerge che nel solo 2018 sono stati reclutati più di 7000 minori, la maggior parte in Somalia (2.300) e in Nigeria (1.947). Spesso sono stati rapiti e usati come combattenti, forzati a diventare scudi umani, abusati sessualmente e sfruttati, usati per trasportare esplosivi o come kamikaze.
Le violenze sessuali e gli stupri sono comuni durante i conflitti, ma a causa dello stigma ad esse associate, il numero dei casi verificati è di gran lunga sottostimato rispetto alla diffusione del fenomeno. L’ultimo rapporto del Segretario Generale delle Nazioni Unite del 2019 parla di 933 casi verificati: di questi l’83% erano violenze contro ragazze e solo l’1,5% riguardava ragazzi. Anche in questo caso, è difficile valutare le proporzioni nella distinzione di genere, soprattutto perché i ragazzi tendono – per vergogna e paura – a non denunciare le violenze subite.
Le nostre richieste
Chiediamo che i governi e le parti in conflitto si assumano la responsabilità dei crimini commessi ai danni dei minori e che la comunità internazionale si impegni a costruire piani di azione che possano garantire il loro recupero fisico e psicologico.
Per approfondire leggi il comunicato stampa.